AZ. AGRARIA RABOTTINI
La ricerca delle piccole
realtà vitivinicole regionali da parte della Confraternita del Grappolo
continua il suo percorso che ci porta oggi a due passi da casa. La nostra
curiosità, guidata da un cannocchiale “all’incontrario”, si porta dietro il
gusto del caffè appena preso nella sorpresa di essere già arrivati. Proprio
alle spalle di un paesaggio industriale, oscurata dal blu e giallo della
struttura del gigante del mobile svedese, la piccola strada in salita prosegue e
magicamente conduce in una realtà fortunatamente diversa e, a confronto, quasi
primordiale: alberi da frutto, ulivi e vigne ammantano di tranquillità le
colline teatine retrostanti.
Massimo e Isabella Rabottini
hanno qui le proprie radici centenarie aggrappate alla tradizione di chi
produce olio e vino da sempre, ma con l’impronta ecosostenibile
dell’innovazione e della sperimentazione. Questo splendido equilibrio si
estende su quindici ettari, di cui cinque vitati, dove Massimo cura la parte
agronomica da esperto fitopatologo. La realtà che ci appare oggi è figlia anche
di una inevitabile ma felice svolta dovuta al classico ricambio generazionale:
nel 2009 il giovane Rabottini inizia il processo di innovazione che lo porta in
pochi anni alla costruzione di una nuova cantina interamente in legno, un
giardino pensile, un impianto di fitodepurazione, una nuova area del punto
vendita e una radicale modifica del processo produttivo fino alla certificazione
biologica in arrivo proprio quest’anno.
Con tenerezza ricorda il
sudore speso nell'ottenere la fiducia e l’approvazione dei genitori, con suo
padre a fare da grande freno in cantina, attaccato al limitante “abbiamo fatto
sempre così”, e sua madre dura al rassegnarsi allo “spreco” in vigna con le
nuove pratiche volte alle basse rese. La grande determinazione di Massimo
Rabottini arriva così in pochi anni a delineare e a centrare una produzione
destinata ad una nicchia di estimatori, crescendo sempre nel rispetto del
proprio gusto personale. Torchiatura tradizionale di uve mature, lieviti
indigeni e lunghe fermentazioni delineano lo stile deciso e con pochi fronzoli.
Solo vitigni autoctoni per la produzione di circa diecimila bottiglie, per
arrivare in un futuro prossimo a toccare le quindicimila, non di più.
Nella piccola cantina abbiamo
la possibilità di girare con il calice in mano e fare insieme delle prove di
vasca mentre il padrone di casa ci parla delle proprie esperienze; il primo
impatto non risulta semplice e, anche se di fronte a vini che non sono ancora
vini, restiamo confusi da sentori scomposti e dominanza di frutto già troppo
maturo. Per fortuna queste sensazioni saranno sepolte dalla successiva
degustazione dei prodotti imbottigliati.
Sequenza “obbligata” dalla
consecutività dei nomi dei vini, porta con sé il senso del continuum conviviale
e accompagna idealmente alla comunicazione rilassata e quasi familiare.
“PER INIZIARE” Trebbiano d’Abruzzo 2013
Fermentazioni spontanee
lunghe, di cui una parte a 8°C per 6/8 giorni, arricchiscono il corredo olfattivo
altrimenti limitato di questo Trebbiano lucente; lavorato in ambiente in forte
riduzione, stenta un poco ad aprirsi e rimane deciso su toni freschi e
minerali. Il fruttato si divide tra il “verde” che sa di mela e il “giallo”
maturo avvertito in vasca, che risulterà comunque un segno distintivo dei
bianchi dell’azienda. In bocca ha la sapidità superiore alla freschezza e il
retrogusto di liquirizia che alla cieca spiazzerebbe. La persistenza non è
elevatissima ma il finale convince per l’assenza del temibile senso amarognolo
tipico di questo bianco abruzzese.
“PER INIZIARE” Trebbiano d’Abruzzo 2015
Stesso stile anche qualche
anno dopo per questo 2015 in fermentazione per un mese e mezzo a temperatura
controllata. Non sembra proprio parente del prodotto sentito in vasca e, seppur
più esile al naso, brilla di maggiore finezza con i sentori floreali molto
delicati che bene si intersecano alla mineralità umida. Fresco, quasi nordico
in bocca, sembra presagire miglioramenti col tempo e invito al riassaggio fra
qualche anno. I miglioramenti in cantina si sentono.
“PER INIZIARE” Cerasuolo d’Abruzzo 2015
Poche ore di contatto con le
bucce e successivo salasso per ottenere un rosato intenso non solo nell’aspetto:
robusto ma non per questo sgraziato, con il fruttato invitante che fa scorgere
solo dopo diverse olfazioni la sottile linea amara di erba e radici per nulla
banale. Mai come in questo caso il cedere alla lettura del titolo alcolometrico
sull’etichetta potrebbe essere più limitante e fuorviante: i 15 gradi
dichiarati non risultano pesanti o esagerati, ma integrati perfettamente nella
polpa e nel corpo che di certo non mancano. Un vino completo da godere
affiancato a pietanze di spessore.
“A SALIRE” Montepulciano d’Abruzzo 2015
Vinosità leggera ed elegante
introduce il frutto di ciliegia che domina il quadro d’impatto. Diventa più
intrigante quando si scalda ed emana un carattere erbaceo quasi da
internazionale. E’ subito godibile con la sua freschezza e i tannini
giustamente scalpitanti: questo è l’aspetto che rivela già un proprio
equilibrio, nell’attesa di qualche nota morbida in più, prevista nel viaggio
temporale di 4 o 5 anni prefissato dal produttore.
“ED INFINE” Montepulciano d’Abruzzo 2011
Dalla vigna di circa
quaranta anni, estesa per poco più di un ettaro sulla collinetta meglio
esposta, l’azienda seleziona le uve per questa riserva. 30 giorni sulle e bucce
e sei mesi in acciaio sono mediamente previsti per ottenere il prodotto di
punta: il manto appena granato invita ad avvicinare più volte il calice e ad
apprezzarne la complessità odorosa; i terziari di spezie sono il giusto frutto
della naturale evoluzione di un prodotto sano, ricco anche in mineralità. I
tannini, anche se un po’ polverosi, detergono e danno nerbo ad un vino pronto,
da bere ora.
“PER CONCLUDERE” Passito rosso
Una parte della
sperimentazione ha portato alla realizzazione di un vino passito da
Montepulciano davvero sorprendente: i passaggi lunghi e meticolosi partono
dall’appassimento in vite del grappolo che subisce torsione o piccolo taglio al
picciolo in base alle annate più o meno umide per poi portare la piccola massa
selezionata ricca di zuccheri in cantina dove affina per due mesi in acciaio,
tre anni in barrique e un anno in bottiglia. Colpisce subito per la fine
balsamicità invitante tra il fruttato di prugna essiccata che ci si poteva
attendere e il sentore di mallo di noce fornito dal legno; diventa ancor più
convincente sul palato in quanto non risulta mai stucchevole o pesante, guidato
dall’acidità decisa che quasi rinfresca. La bevibilità come maggior pregio di
un passito è sicuramente da premiare.
Quando il percorso
sensoriale sembra volgere alla fine, veniamo sorpresi dalla comparsa di una
piccola boccetta da 250 ml di extravergine dal titolo a noi oscuro, “FS17”. E’ un monocultivar di “Favolosa
17” brevettato dal C.N.R. di Perugia che Massimo Rabottini è tra i pochi a
coltivare. Caolino e rame forniscono la protezione alle olive che vengono poi
raccolte e molite nello stesso giorno presso un frantoio di fiducia. Si tratta
di un prodotto di eccellenza con un profilo erbaceo finissimo, piccante con
ritorni di pomodoro e carciofo. Con grande classe non impasta e non unge il
palato, anzi lo asciuga. Sicuramente va centellinato su piatti da valorizzare.
Scorrono veloci e
piacevolissime le ore passate insieme a Massimo e Isabella, ai quali rivolgiamo
l’invito per future degustazioni giù nel nostro mondo rumoroso che ci attende
vorticoso alla distanza siderale di qualche chilometro.
Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)
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