mercoledì 18 aprile 2018

Visita alla Cantina WILMA - 01/03/2017

Tra i componenti della neonata Comunità Slow Food dei “Vignaioli di Chieti”, abbiamo scelto oggi di scoprire qualcosa in più dell’azienda Cantina Wilma di Maurizio Nonno, nostra vecchia conoscenza di cui avevamo già in passato potuto apprezzare i prodotti. Le strade intricate alle spalle della città di Chieti ci permettono l’immediata immersione nell'aria pura della tradizione contadina, proprio quella che da anni spinge un tecnico edile a produrre un vino artigianale davvero interessante.
Un piccolo fabbricato, l’attrezzatura giusta, le vigne su terreni ricchi di minerali e tanta passione. Ecco gli ingredienti.

La superficie a disposizione di Maurizio è di soli due ettari, estesa nelle campagne di Torrevecchia, da cui ricava una produzione totale annua che mediamente si attesta sull'ordine delle diecimila bottiglie, spartite equamente tra rosso (4000 di Montepulciano e 1000 di Cerasuolo circa) e bianco (3000 quelle di Trebbiano e 3500 di Pecorino).
Maurizio segue oggi tutte le fasi della sua produzione, dalla scelta delle pratiche tra i filari a quelle di vinificazione sin dal 2007, coadiuvato nei primi tempi dai consigli dell’amico enologo Donato Di Tommaso.

Il regime di coltivazione è biologico da sempre, la fermentazione spontanea è affidata ai lieviti indigeni e l’affinamento non prevede legno; il nostro vignaiolo accenna ad un sorriso quando gli proponiamo l’idea della totale conversione a biodinamico, una veste da “estremista” che starebbe bene secondo noi sugli abiti da artigiano del vino che già indossa con orgoglio.
Pensavamo di cavarcela con un paio di tipologie da assaggiare e invece ecco le sorprese che questa visita ci ha riservato.


Rustico di Pecorino” 2014
E’ un Metodo Classico ancestrale, cioè senza aggiunta di zuccheri che non siano quelli presenti nello stesso mosto precedentemente congelato e poi aggiunto in bottiglia.
Il leggero amarognolo del Pecorino sfuma in un sentore ammandorlato dopo che si è presentato citrico e brioso; il frutto maturo di pera si vela di erbaceo e si appaia alla grande freschezza. Un buon inizio per questa piccola produzione di sole 500 bottiglie.


Pecorino 2016
Vinificazione pulita e vino lucente con toni ficcanti di pera e mela verde, mitigati da un floreale tendente al giallo; dritto e minerale con la sapidità e la freschezza come maggiori pregi. Equilibrato e coerente con la tipologia.


Pecorino 2016 (Non filtrato)
Su richiesta di un amico ristoratore, Maurizio ha frazionato una piccola parte della produzione per la quale non è stata effettuata alcuna filtrazione che egli ha soprannominato “3 A”, scherzando con il nome dell’associazione del vino naturale. Ecco, al naso si ripresenta il fruttato di pera ma in veste più stanca accanto a sentori di melacotogna e cedro; anche in bocca perde l’incisività e quel minerale roccioso che lo impreziosiva. Chissà se nell’evoluzione non possa regalare altro.


Cerasuolo d’Abruzzo 2016
E’ il risultato del vino fiore torchiato a mano nella sfida a tempo contro l’ossidazione, come ci racconta Nonno. Il colore tenue riluce e spiccano al naso le note “dolci” del frutto maturo; al sorso è pieno ma delicato, non irruento ma detergente ed equilibrato. Un Cerasuolo tipico, da manuale.


Cerasuolo d’Abruzzo 2016 (Non filtrato)
Anche per il Cerasuolo, Maurizio ci presenta la versione torbida che però ha sicuramente qualcosa da dire in più del bianco di prima: le differenze sono minime rispetto al classico e risulta colmo di frutti (ciliegia e fragola) con una mineralità ferrosa godibilissima che ricorda al naso l’amaro di un bitter. Qualcuno di noi dice: ”Meno eleganza ma più ciccia ”.



Cerasuolo d’Abruzzo 2015
Non mancano le annate meno recenti e tra queste ecco l’unica ottenuta per salasso. Vivo e intenso, con speziato di anice in primo piano rispetto a pietre bagnate e marasca. In bocca è però più greve, con l’acidità e l’alcolicità spiccate che non aiutano la leggerezza e richiedono apporto di cibo.


Cerasuolo d’Abruzzo 2014
Nell’”annus horribilis” qualcosa si salva e riesce a stupire, come questo Cerasuolo che poco ispira all’inizio, presentandosi con un colorino smorto figlio della lotta contro l’ossidazione. Nelle olfazioni però dà il meglio di sé e insieme al fruttato ben vivo si apre su note interessantissime di fumo e di torrefazione, tanto da far dire a qualcuno che “Valentineggia”. Leggera sensazione di cotto sul palato ma tondo e valido nella freschezza residua. Una bella sorpresa.


Montepulciano d’Abruzzo 2015
Fitto e impenetrabile con toni fumosi e terziari di cuoio secco in evoluzione, un poco scomposti: il sentore di smalto potrebbe essere un difetto da smorzare col tempo. Qualcuno lo ha definito un “cavallo imbizzarrito”, rimarcando il fatto che non sia un vino pronto; in questi casi la botte grande avrebbe fatto il miracolo, ma comunque lo aspettiamo in bottiglia. Da rivedere senz’altro.


Montepulciano d’Abruzzo 2016
Il rosso più giovane nasconde la vinosità dietro il fruttato tipico e la nocciola tostata; violetta e polvere escono sul finale. Già pieno e convincente in bocca con il frutto ovviamente dominante. Meno irruento, forse con meno vita davanti ma immediato e concreto da subito.



Questo è ciò che può, a volte, venir fuori dallo strano mix di tradizione, passione, un po’ di tecnica e un briciolo di follia, che può spingere un geometra sulla strada dell’arte, del creare e del diventare artigiano del vino.

Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)

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