Un
piccolo fabbricato, l’attrezzatura giusta, le vigne su terreni
ricchi di minerali e tanta passione. Ecco gli ingredienti.
La
superficie a disposizione di Maurizio è di soli due ettari, estesa
nelle campagne di Torrevecchia, da cui ricava una produzione totale
annua che mediamente si attesta sull'ordine delle diecimila
bottiglie, spartite equamente tra rosso (4000 di Montepulciano e 1000
di Cerasuolo circa) e bianco (3000 quelle di Trebbiano e 3500 di
Pecorino).
Maurizio
segue oggi tutte le fasi della sua produzione, dalla scelta delle
pratiche tra i filari a quelle di vinificazione sin dal 2007,
coadiuvato nei primi tempi dai consigli dell’amico enologo Donato
Di Tommaso.
Il
regime di coltivazione è biologico da sempre, la fermentazione
spontanea è affidata ai lieviti indigeni e l’affinamento non
prevede legno; il nostro vignaiolo accenna ad un sorriso quando gli
proponiamo l’idea della totale conversione a biodinamico, una veste
da “estremista” che starebbe bene secondo noi sugli abiti da
artigiano del vino che già indossa con orgoglio.
Pensavamo
di cavarcela con un paio di tipologie da assaggiare e invece ecco le
sorprese che questa visita ci ha riservato.
“Rustico
di Pecorino” 2014
E’
un Metodo Classico ancestrale, cioè senza aggiunta di zuccheri che
non siano quelli presenti nello stesso mosto precedentemente
congelato e poi aggiunto in bottiglia.
Il
leggero amarognolo del Pecorino sfuma in un sentore ammandorlato dopo
che si è presentato citrico e brioso; il frutto maturo di pera si
vela di erbaceo e si appaia alla grande freschezza. Un buon inizio
per questa piccola produzione di sole 500 bottiglie.
Pecorino
2016
Vinificazione
pulita e vino lucente con toni ficcanti di pera e mela verde,
mitigati da un floreale tendente al giallo; dritto e minerale con la
sapidità e la freschezza come maggiori pregi. Equilibrato e coerente
con la tipologia.
Pecorino
2016 (Non filtrato)
Su
richiesta di un amico ristoratore, Maurizio ha frazionato una piccola
parte della produzione per la quale non è stata effettuata alcuna
filtrazione che egli ha soprannominato “3 A”, scherzando con il
nome dell’associazione del vino naturale. Ecco, al naso si
ripresenta il fruttato di pera ma in veste più stanca accanto a
sentori di melacotogna e cedro; anche in bocca perde l’incisività
e quel minerale roccioso che lo impreziosiva. Chissà se
nell’evoluzione non possa regalare altro.
Cerasuolo
d’Abruzzo 2016
E’
il risultato del vino fiore torchiato a mano nella sfida a tempo
contro l’ossidazione, come ci racconta Nonno. Il colore tenue
riluce e spiccano al naso le note “dolci” del frutto maturo; al
sorso è pieno ma delicato, non irruento ma detergente ed
equilibrato. Un Cerasuolo tipico, da manuale.
Cerasuolo
d’Abruzzo 2016 (Non filtrato)
Anche
per il Cerasuolo, Maurizio ci presenta la versione torbida che però
ha sicuramente qualcosa da dire in più del bianco di prima: le
differenze sono minime rispetto al classico e risulta colmo di frutti
(ciliegia e fragola) con una mineralità ferrosa godibilissima che
ricorda al naso l’amaro di un bitter. Qualcuno di noi dice: ”Meno
eleganza ma più ciccia ”.
Cerasuolo
d’Abruzzo 2015
Non
mancano le annate meno recenti e tra queste ecco l’unica ottenuta
per salasso. Vivo e intenso, con speziato di anice in primo piano
rispetto a pietre bagnate e marasca. In bocca è però più greve,
con l’acidità e l’alcolicità spiccate che non aiutano la
leggerezza e richiedono apporto di cibo.
Cerasuolo
d’Abruzzo 2014
Nell’”annus
horribilis” qualcosa si salva e riesce a stupire, come questo
Cerasuolo che poco ispira all’inizio, presentandosi con un colorino
smorto figlio della lotta contro l’ossidazione. Nelle olfazioni
però dà il meglio di sé e insieme al fruttato ben vivo si apre su
note interessantissime di fumo e di torrefazione, tanto da far dire a
qualcuno che “Valentineggia”. Leggera sensazione di cotto sul
palato ma tondo e valido nella freschezza residua. Una bella
sorpresa.
Montepulciano
d’Abruzzo 2015
Fitto
e impenetrabile con toni fumosi e terziari di cuoio secco in
evoluzione, un poco scomposti: il sentore di smalto potrebbe essere
un difetto da smorzare col tempo. Qualcuno lo ha definito un “cavallo
imbizzarrito”, rimarcando il fatto che non sia un vino pronto; in
questi casi la botte grande avrebbe fatto il miracolo, ma comunque lo
aspettiamo in bottiglia. Da rivedere senz’altro.
Montepulciano
d’Abruzzo 2016
Il
rosso più giovane nasconde la vinosità dietro il fruttato tipico e
la nocciola tostata; violetta e polvere escono sul finale. Già pieno
e convincente in bocca con il frutto ovviamente dominante. Meno
irruento, forse con meno vita davanti ma immediato e concreto da
subito.
Questo
è ciò che può, a volte, venir fuori dallo strano mix di
tradizione, passione, un po’ di tecnica e un briciolo di follia,
che può spingere un geometra sulla strada dell’arte, del creare e
del diventare artigiano del vino.
Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)
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