CINGILIA
– Visita alla cantina
Come
immaginereste l’ambientazione per un’attività vitivinicola
giovane ma con forti legami con la tradizione? Quali potrebbero
essere gli “ingredienti” utili o necessari per lo sviluppo e la
crescita di una piccola azienda familiare? Servirebbe un terroir come
ad esempio le colline pescaresi vicino Cugnoli, vigneti nuovi e
vecchie pergole, poi magari una piccola cantina attrezzata in mano ad
un giovane enologo con le idee chiare.
Ecco
fatto: questo è quello che abbiamo trovato visitando la cantina
Cingilia, dove vive e opera Fabio Di Donato. Appena
trentenne, è lui il factotum della piccola azienda di famiglia che
gestisce da qualche anno.
Solo
vitigni autoctoni per una produzione che per ora si attesta intorno
alle quindicimila bottiglie per anno.
Il
nome scelto si riferisce ad una famigerata capitale dell’antico
popolo dei Vestini che sorgeva su queste colline, nota per essere
stata l’ultima città di questa parte di Abruzzo ad essersi arresa
all'impero di Roma.
Questa
immagine di indipendenza e di passione potrebbe già rivelare
qualcosa sul giovane vignaiolo.
Il
suo lavoro parte dai vigneti, che cura affiancato dai familiari, e
ricomincia ancor più intensamente in cantina, il suo vero regno:
scopriamo così i modi di un tecnico metodico dalle scelte accurate,
apparentemente schivo e taciturno, con i freschi ricordi degli studi
che lo portano al rispetto della tecnica ma anche alla consapevolezza
di fare bene.
La
sorpresa che più ci stuzzica è che questa veste da professionista
lascia anche spazio non solo alla creatività ma anche all'intreccio
con le tradizioni: tappi a corona e gabbiette pronti per nuove linee
di spumanti da una parte, lasciano spazio anche ad un tino in acciaio
per una fermentazione spontanea.
Infatti,
anche la “bolla” troverà il suo ruolo nella piccola produzione,
strizzando l’occhio non solo al mercato, ma anche alla voglia di
sperimentare del giovane Fabio: la Cococciola è stata scelta per la
rifermentazione sur lie e invece addirittura una parte del
Montepulciano seguirà i processi del Metodo Classico.
La
tentazione di avvicinarsi al mondo del “Naturale” invece, senza
dover stravolgere la forma mentis che gli studi gli hanno fornito,
gli è arrivata da una piccola vecchia vigna di Trebbiano presa in
affitto e che un giorno si ripromette di acquistare. Un classico
tendone di circa 50 anni dai fusti enormi e ancora rigogliosi posti a
tre metri di distanza gli uni dagli altri, che non rientrerebbero
quindi nei 2,5 metri della DOC, gli ha fornito l’occasione di
uscire dalle file serrate della burocrazia e della tecnica moderna,
sperimentando una vinificazione senza lieviti selezionati.
Seduti
all’ombra del cortile antistante la cantina, questi sono i vini
degustati in sua compagnia.
“Bolla”…?
La
sperimentazione di pari passo con la curiosità: con una resa del
30%, Fabio porta in cantina una piccola parte di uve non mature di
Montepulciano d’Abruzzo che velocemente passa in pressa per evitare
i toni rosé. Questa piccola anticipazione di un prodotto non ancora
pronto per la vendita sorprende per una effervescenza non
esageratamente fitta e un colore paglierino già lucente. I lieviti
in primo piano coprono per ora la freschezza e i frutti rossi al naso
spiazzano piacevolmente i ragionamenti fatti nell’analisi visiva.
Aspettiamo
curiosi l’arrivo del corpo e di qualche morbidezza in più a piena
maturazione.
Pecorino
IGT Colline Pescaresi 2016
Un
bianco da impianti recenti di 4 anni che assume subito i toni caldi
sul giallo intenso, anche al naso, con pesca, albicocca e vena
tropicale su floreale di ginestra. L’acidità avvertita non è
esagerata e il palato è avvolto dal calore alcolico. Da abbinare a
piatti di sostanza.
Rosato
2016
L’uscita
anticipata di questa linea per il mercato delle feste natalizie
obbliga alla dicitura generica di “rosato”, ma valorizza un vino
corretto pensato per una pronta beva. Nessuna sbavatura e piena
corrispondenza naso/bocca sul frutto carnoso. Accattivante il finale
morbido che non pregiudica però la sua funzione di vino per tutte le
occasioni, dal tagliere fino alla zuppa.
Montepulciano
d’Abruzzo 2015
E’
questo un Montepulciano concreto e sanguigno, con una dominante di
frutti rossi maturi snelliti da una fresca balsamicità portata in
dote forse dalle vecchie vigne. I tannini giustamente vivi e l’alcol
ancora “scoperto” fanno partire il gusto dell’attesa, seppur
breve, in vista dell’equilibrio per un vino che non perderà
comunque la sua immediatezza.
Montepulciano
d’Abruzzo 2011
Il
giovane enologo si misura anche con il legno e propone questa annata
con affinamento in rovere francese di primo e secondo passaggio. Uva
molto matura proveniente da vigna di quindici anni e poi nessuna
filtrazione né chiarifica.
Il
colore è ancora scurissimo e, passato l’impatto alcolico, emergono
confettura di amarena e prugna con un lieve senso di frutta secca a
guscio, contornati da umido di sottobosco. Il tannino è ben
integrato e fine, ma i terziari di cuoio e tabacco risultano come
scollegati dalla rusticità di fondo. C’è spazio anche per questo
tipo di Montepulciano, anche se noi abbiamo preferito il carattere
diretto e preciso del precedente.
Trebbiano
(fermentazione spontanea)
Un
floreale schivo e un colore freddo non ci devono intimorire per
puntare ad apprezzare un vino ancora scomposto ma affascinante:
volatile sotto controllo e mineralità spiccata, su una scia che
punterà sempre più verso camomilla e fiori di campo. Seppur non
particolarmente fresco, è un vino che richiede attesa e ci
sorprenderà dopo il giusto affinamento in bottiglia. Da acquistate e
nascondere.
Cococciola
2016
Fabio
ci presenta il suo nuovo prodotto, ancora in fase di affinamento per
qualche mese, figlio di una ottima base che egli ricorda con vivo
piacere.
La
bollicina è ancora sferzante ma l’attacco va verso la direzione
cercata: citrico, fresco, immediato. La susina gialla lascia il posto
al finale che ricorda il cedro e la sua scorza; i soli 11 gradi
alcolici lo rendono “pericolosamente” beverino. Speriamo
vivamente che questa nuova linea abbia continuità e ancora margini
di perfezionamento.
L’Abruzzo
enologico e rurale si sveglia e parte alla volta della qualità,
dimenticando pian piano le grosse rese e la produzione di vini da
taglio; un passato seppur recente che però, e per fortuna, le nuove
generazioni di professionisti non vogliono più ricordare.
Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)
Se vuoi vedere tutte le foto della visita enoculturale del 7/06/2017, CLICCA QUI
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