LA
TRASVERSALE DI CARMINE DE IURE
-30 settembre 2015 -
Vista la rinomata curiosità
e la sempre viva passione per il vino a tutto tondo della Confraternita del
Grappolo, dopo le prime avvincenti “esplorazioni” dei prodotti di Borgogna si
torna immediatamente nel territorio di appartenenza, caro e carico di nuovi
frutti tutti da scoprire e, si spera, da valorizzare.
E questa volta l’attenzione
è più accesa proprio perché andremo a fare le pulci benevolmente ad un amico
della CdG il quale passerà dall'altra parte della sala di degustazione salendo
in cattedra con i suoi vini: stasera tocca a Carmine De Iure.
L’enologo ortonese è
visibilmente emozionato e dopo una dura giornata di lavoro si lascia raccontare
dai prodotti che segue con dedizione da anni tra l’Abruzzo e il Molise: da
persona schiva e riservata quale è non si dilunga nel presentarsi e lascia
immaginare il suo duro excursus lavorativo precisando che la sua esperienza e
la sua formazione sono evolute tra le aziende di Tollo e Ortona cambiando veste
da semplice dipendente fino a quella di vero consulente.
La degustazione di stasera
ci farà conoscere meglio buona parte dei prodotti che segue e realizza nelle
diverse aziende del nostro territorio partendo dai vini bianchi, che lui stesso
dice di prediligere essendo mosso da grande passione e interesse nel
realizzarli, passando poi ai rossi, tutti provenienti da bacche autoctone.
Felicissimi di avere in sala
tutti i produttori delle aziende dei vini in degustazione, ecco le impressioni
percepite assieme.
Il primo è di un giallo
paglierino con riflessi verdolini, molto limpido e luminoso; molto piacevole l’impatto
di fiori e frutta gialli con piccole note erbacee delicate. Si avverte anche
una fine percezione minerale di gesso. All'assaggio risulta fresco e sapido
anche se i toni caldi prevalgono nel retronasale. Buona la persistenza e la
sensazione di vino “dritto” e deciso.
La seconda versione, nel suo
giallo lievemente dorato si apre subito con mineralità e un fruttato di mela
con lievi sentori boisée ma poi prevalgono le note evolutive di un frutto
giallo un po’stanco; ciò accentua la carenza di equilibrio anche se convince in
persistenza e pseudocalore alcolico.
Con il terzo campione si
balza nella provincia teramana, a Colonnella tra le “Colline” della Docg con la
“Passerina 2014” dell’Azienda Agricola Biagi. Il giallo
paglierino con toni dorati ci prepara a qualcosa di intenso da scoprire: un bel
fondo agrumato fa da sponda ad un fruttato maturo e carico; leggere note dolci
ricordano vaniglia e cipria lontane. Al gusto viene fuori tutta la potenza del
territorio che dona a questo vino grande intensità e freschezza caratteristica.
Il vino a seguire ci porta di nuovo a Sud, fino in Molise: è della Cantina Salvatore la Falanghina “Nysias” 2013. Il terreno di Ururi (CB) sul quale matura questo vitigno riesce a mitigarne la grande acidità e lo rende invitante: il giallo paglierino/verdolino è lucente e al naso la mineralità è avvolta da fiori gialli e toni “verdi” di erba fresca; come lo stesso enologo ci suggerisce, è forse uno dei pochi vitigni a bacca bianca che evoca sentori di liquirizia e che con la sua intensità invita alla beva nonostante l’impatto mascherato dei suoi 14 gradi alcolici. Un bel prodotto.
A sorpresa stasera, ad ampliare il viaggio temporale arriva il Trebbiano Riserva de “Il Fondatore” 1996 della Cantina Miglianico proposto dall'amico Massimo Di Cintio. Ancora limpido anche se ambrato e forse un po’ provato dal tempo rivela note ossidative profonde miste a frutta secca, canditi e terziari di tabacco. Qualcuno fa notare che all'epoca di produzione forse queste bottiglie hanno subito processi di pastorizzazione. Un vino comunque non del tutto compromesso che stona sul finale amaro ma che mantiene una freschezza inaspettata.
Nella seconda parte della
degustazione comincia la carrellata dei rossi con un autoctono molisano, la
Tintilia, “Rutilia” 2011 della Cantina Salvatore. Il vitigno simbolo
di questa terra tutto da scoprire che richiede parecchi accorgimenti in vigna e
particolare dedizione in cantina per essere vinificato in purezza, nuova
tendenza che per alcuni produttori è già tradizione anche se applicata e
implementata da solo una decina di anni. Il vino appare alla vista più giovane
dei quattro anni che si porta dietro con bordi violacei e tono vivido e
lucente; al naso un semplice fruttato rosso è contornato da vena erbacea fresca
e da sentori eterei e speziati che vanno dal chiodo di garofano alla polvere da
sparo. Sul palato la freschezza si nasconde dietro toni morbidi che invogliano
a tornare sul bicchiere. Quale sia la vita che questa bottiglia abbia davanti
non è cosa facile a dirsi a tal punto che neanche il produttore si sbilancia
nel fare pronostici: è questa una peculiarità involontaria ma interessante di
un prodotto nuovo che non può ancora appoggiarsi su statistiche e comparazioni
di millesimi. Da ricordare.
Anche per i rossi si torna
nel chietino con un Montepulciano proveniente dalle belle colline di Montupoli
con “Il Fondatore” 2011 e 1996 di Cantina Miglianico. Questo 2011 è un vino sincero e preciso:
limpido e profondo rivela buona complessità con classiche note di frutta matura
e sotto spirito e terziari di pepe e cuoio inframezzati da fine erbaceo. I
tannini sono ancora vigorosi dotati di buona detergenza. Potrebbe riposare
ancora qualche annetto sicuramente.
Pensiero opposto per il 1996 che pur
essendo ancora interessante nel suo ventaglio di sottobosco, humus e spezie
leggere, delude in bocca risultando stanco e poco persistente; ha sicuramente
dato il meglio di sé diversi anni fa.
L’ottavo campione proviene
da un piccolo produttore di Lanciano, Tenuta
Ferrante, attivo dal 2008 su un piccolo appezzamento di soli otto ettari
che ci presenta il Montepulciano d’Abruzzo “Desiderio”
2009. Dal colore intenso e impenetrabile non sviluppa grandissima complessità
e tra le note speziate predominano quelle derivanti dalle barriques di primo
passaggio; ancora un po’ ruvido nonostante il fondo morbido acquisito nell’affinamento.
Al suo creatore ricorda molto l’impatto di un Sangiovese. Buona la persistenza,
da bere ora.
Come ultima proposta nel
bicchiere ci attende un altro prodotto dell’azienda Biagi con il prodotto di punta “Matteo
Biagi” 2008. La riserva in questione si presenta rubino intenso molto
invitante e lentamente si apre su fruttato di amarene e prugna matura accanto a
ricordi di frutta secca e candita. Spicca la grande freschezza appaiata ad una
persistenza morbida e setosa. Qualcuno lo definisce un vino “lavorato” nel
senso forse di un prodotto pensato e realizzato per essere suadente ed
elegante. Non manca di certo l’equilibrio.
La serata scorre piacevole e
quasi ci si dimentica del numero dei vini degustati; anche i produttori che all'inizio sembravano restii a prendere la parola hanno abbandonato per qualche prezioso minuto la riservatezza descrivendo il loro lavoro, la loro filosofia o
semplicemente la struttura delle aziende.
Tra le esperienze, gli
aneddoti e i tecnicismi citati vorrei riportarne solo uno che bene riassume il
lavoro di Carmine De Iure. Durante la fase conviviale che conclude le
degustazioni della CdG, tra un piatto rinfrancante e bottiglie jolly a sorpresa
che ci si diverte ad aprire, il responsabile di Cantina Miglianico riprende il
discorso sull'azienda e sul rapporto con l’enologo e con
la sicurezza che a volte contraddistingue gli uomini di legge rivela di essersi
affidato a Carmine, a prescindere da tutto il resto, per la sua serietà. A
volte basta una parola semplice.
Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)
Nessun commento:
Posta un commento