mercoledì 10 agosto 2016

ORANGE WINE D'ABRUZZO e OSPITI ILLUSTRI


1 aprile 2016


Dall'idea di uno dei responsabili della guida “Vini Buoni d’Italia” del Touring Club, l’enogastronomo Andrea De Palma, nasce quasi per gioco una degustazione di vini macerati che presenta con la Confraternita del Grappolo coinvolgendo un prodotto abruzzese da lui apprezzato sin dalle prime annate, il “C’Incanta” di Cantina Tollo, frutto di una sperimentazione ad opera del confratello nonché enologo di riferimento Riccardo Brighigna.


Il tono amichevole e rilassato che caratterizzerà la serata viene sorretto dalla direzione dall'anfitrione Andrea De Palma che, nel rispetto di chi è arrivato con puntualità, parte con decisione nell'introdurci al tema con piglio serrato ereditato forse dai suoi trascorsi di insegnamento.


Secondo lui il crescente interesse negli ultimi tempi verso i vini “orange” potrebbe seguire l’idea della riscoperta delle vecchie usanze, come l’attuale ritorno in auge del classico “piatto della nonna” nel parallelo ambito gastronomico: i vini irrobustiti con macerazioni spinte su bucce e persino raspi, fanno parte delle tradizioni del nostro vino contadino, come ci ricorda evocando i vini della sua terra, la Puglia, e queste pratiche vinicole che sono patrimonio delle passate generazioni. E’ bello scoprire quanto possano essere vicine le esperienze di un Sud assolato e mediterraneo con quelle di un Nord carsico e continentale, il Friuli appunto, che domina oggi il panorama italiano di questa tipologia di vino. Terreni calcarei e vitigni appropriati, con materia prima eccellente e proveniente da vigneti non giovanissimi, possono essere da stimolo per la sperimentazione di questo antico metodo di vinificazione.

Sul palchetto, gli onori di casa sono affidati al confratello Pierluca Masciocchi che traccia i riferimenti storici e le peculiarità di questi vini per affrontare poi al meglio la degustazione. E’ una storia che vede gli albori molto lontano da noi, nel Caucaso, dove circa 6000 anni fa già si vinificava in grandi contenitori in terracotta interrati (quelli che oggi chiamiamo “anfora”), dove gli oltre 700 vitigni autoctoni di Georgia, Azerbaijan ed Armenia venivano lasciati fermentare per 6-8 mesi alla ricerca di quelle forti ossidazioni che caratterizzano il prodotto. Il risultato finale, se non si può ritenere un vino rosso, di certo non è un vino bianco: questi vini longevi, quasi tannici e dalle tante sfumature di colore saranno allora da considerare al pari di un rosso per la temperatura di servizio e per l’abbinamento con il cibo. A tal proposito il nostro ospite dice: ”Lo stesso vino diventa vini diversi”, è un vino quindi che evolve e si apre pian piano nel calice e che va “aspettato” per almeno due anni, lasciato riposare in bottiglia.


Sul finire degli anni novanta la sperimentazione in tal senso venne affidata a Riccardo Brighigna che, come lui stesso afferma, venne fatta quasi per scherzo, con la piena disponibilità di Cantina Tollo: a fine vendemmia, il Trebbiano maturo di un vecchio tendone poteva raccogliere la sfida ed essere adatto a questo “gioco”. Senza la ricerca di eccesso di ossidazione, il mosto svinato venne fatto riposare in vasche di cemento vetrificato. Il risultato dimostrò grande potenziale, soprattutto se si lasciava il tempo necessario ad una prima evoluzione nel cemento, e la bottiglia di “C’Incanta” venne scelta come dono commemorativo per i soci nel cinquantennale di attività della Cantina.


Dal 2000 c’è stata la richiesta a continuare e da allora la sperimentazione va avanti anche nella ricerca del cru adatto (tra i vigneti più vecchi nelle zone di Crecchio, Poggiofiorito e Collesecco) con una macerazione anche di 20 giorni e fermentazione malolattica svolta sulle bucce. La scelta delle grosse vasche in cemento vetrificato (250 ettolitri tenute sempre colme) rispetto ai contenitori in acciaio assicura maggiore coibentazione e quindi protezione da eventuali sbalzi termici, elimina il problema di elettrostaticità legata ai metalli e rende disponibile una maggiore superficie di scambio sui lieviti.


Riccardo Brighigna ci conferma che non tutti i vitigni sono adatti ad essere vinificati con questa tecnica e che il Trebbiano non ha una tenuta qualitativa in assenza o quasi di anidride solforosa: inevitabilmente verrebbero accentuati i toni amari e poco fini. Quindi grande controllo della maturazione in vigna, anche per i vinaccioli, come si fa per le bacche rosse, evitando l’estrazione di tannini verdi e astringenti.


Fatta la doverosa introduzione all'argomento, dalle note tecniche e storiche passiamo a raccogliere le impressioni amplificate dai sensi di tutti i partecipanti, sotto la guida esperta del nostro ospite.

C’Incanta 2012
Dopo un luglio con piogge improvvise e temperature medie di 26 gradi, la raccolta delle uve bianche venne accelerata per l’arrivo del forte caldo e anticipata appena dopo Ferragosto. Questo è il ricordo di Riccardo Brighigna di quell’annata che fece optare per una macerazione di una settimana e successivo periodo di due anni in vasche di cemento e un anno in bottiglia, prima di portare il prodotto sullo scaffale.
Un colore giallo oro vivo e lucente spicca nel primo calice e al naso si apre lentamente alla complessità attesa: il floreale giallo lascia il posto al delicato miele d’acacia mentre appare un tostato leggero che sa anche di tabacco e di nocciola; ritornando sul bicchiere si avvertono anche fini note di pasticceria. All’assaggio la freschezza irruenta non è ancora bilanciata dal giusto peso delle morbidezze che arriveranno col tempo. E’ come un bimbo vivace ma con grandi doti da esprimere crescendo. Sicuramente da risentire.


C’Incanta 2011
La musica cambia decisamente andando a ritroso di un solo anno e il 2011 mostra di cosa sia capace anche un Trebbiano in evoluzione: al naso la complessità è stimolante e spinge la platea a ritrovare tutte le sensazioni suggerite dal palco, come  il salmastro e la pietra focaia, la creta mista all’umami, il floreale sottile con lo speziato di zafferano, curcuma e noce moscata. In bocca è forse ancora un po’ ostico e bisognerà attendere l’evoluzione, ma comunque risulta meno aggressivo del precedente con sapidità e mineralità a fare da filo conduttore. Servito ad una temperatura più alta vedrebbe bene l’abbinamento con le carni. Grandi i miglioramenti per il futuro di questa annata.



















C’Incanta 2010
Simile nell’aspetto visivo, il campione del 2010 risulta sottotono rispetto ai precedenti, vuoi anche per la piovosità registrata nelle nostre zone. L’impatto olfattivo è dominato dal sentore cotto di sidro, mela matura e floreale giallo; erbe officinali e sambuco rinfrescano ma non a sufficienza. Rivela grande morbidezza glicerica ai ripetuti assaggi e la sua “mielosità” è penalizzata dalla mancanza in acidità rispetto ai precedenti. Resta comunque un vino di spiccata mineralità e appropriata sapidità.



C’Incanta 2008
Nel quarto calice il giallo si veste di intensità che va verso l’ambra lucente. Il sospetto diffuso di essere di fronte al migliore della batteria viene subito confermato: alla complessità avvertita anche nel campione 2011 con sambuco e spezie fini si aggiunge una eleganza che prosegue ed invita alla beva; dopo la prima mezz’ora di chiusura questo vino si apre splendidamente in una morbidezza piena, “carnoso, centrato sul frutto”(cit. De Palma). Gli angoli da smussare nel 2012 e 2011 sono qui ben levigati e danno bene l’idea del vero potenziale di questa tipologia; il gusto dell’attesa prende senso e valore. Anche chi lo ha creato si stupisce e parla finalmente di longevità. Da mettere sotto chiave e stappare nel momento giusto, anche se godibile già ora.



 Falanghina Pierluca Masciocchi 2013
Il confratello Pierluca Masciocchi porge il petto dal palco aprendo la seconda batteria di vini con una sua creazione da garagista, una Falanghina orange appunto. Ci racconta che le uve sono state raccolte con un grado di maturazione molto alto (“era già orange l’uva!” cit.), ma con un corredo acido molto ricco che faceva ben sperare. Infatti la fermentazione spontanea tra le sue montagne aquilane “sembrava non finire mai” e una limpidezza sorprendente accompagnava il vino sin dal primo travaso. I 15 giorni di macerazione comunque si fanno sentire sia al naso che sul palato: fresco l’agrumato accompagnato da canditi, uvetta sultanina e albicocca disidratata; sul versante delle durezze spiccano la genziana e le erbe aromatiche un po’ penalizzate dai tannini troppo presenti e spigolosi: a tale proposito Pierluca ci svela il rimpianto di non aver potuto far fare al vino un necessario passaggio in legno. Bisognerà dare a queste bottiglie qualche anno in più di riposo, ma attenderemo insieme con pazienza. Complimenti.


“Jakot” Bianco 2009 - Terpin
Dopo la disputa con gli Ungheresi di qualche anno fa per la paternità del termine Tocaj, venne scelto “Friulano” per individuare anche geograficamente il vitigno autoctono di quelle zone del nord-est; tra i vari nomi suggeriti ci fu anche “Jacot” (Tocaj letto al contrario!) che la cantina Terpin ha invece registrato a proprio nome e che oggi usa per la linea di prodotto in degustazione.
Quindi, le uve di Friulano, diraspate e lasciate ad una breve macerazione (8 giorni) in tini di rovere con fermentazione spontanea, forniscono la materia prima da elevare poi per un anno in botti di rovere, un anno in acciaio e infine un riposo per un altro anno in bottiglia prima della commercializzazione.
Il marchio del territorio e del vitigno arrivano già dalle prime olfazioni con il floreale ed il fruttato delicati, fini e tipici; le note evolutive, di miele, tabacco e legno, emergono pian piano proprio in accordo con la breve macerazione e lo stile ossidativo non estremo. Il miele avvertito al naso torna delicato anche in bocca ma sorretto dalle giuste note “dure” di freschezza che conferiscono al vino un equilibrio degno di nota. Manca forse la grande sapidità del Trebbiano dei primi calici ma di certo non manca l’eleganza. In sala, la platea accoglie molto bene questo prodotto, anche se una delle bottiglie stappate risulta sfortunata e quindi diversa dalle altre.





 “Repiko” 2009 - K. Stekar
Dalla Slovenia troviamo nel calice un orange composto da Riesling (90%) e una piccola parte di Picolit.

Le uve in questione, dopo aver fermentato spontaneamente sulle bucce per 25 giorni, lasciano il loro nettare per 24-36 mesi al riposo in botti di acacia che incideranno sui tannini in modo non impattante ma molto più delicatamente se paragonate, ad esempio, a quelle in rovere.
Al naso divide subito la platea con la spiccata volatile che viene avvertita al primo approccio; in seguito si riesce però ad apprezzare la freschezza aggiunta da quella acidità e il suo tocco di artigianalità al prodotto. Ai sentori resinosi e a quelli piccanti di rafano si appaiano toni più morbidi di cotto e di umami. Una giusta acidità dona snellezza in bocca, accompagnata da sapidità concreta e bilanciata. Belle le idee di abbinamento fornite dal nostro relatore ospite che ci fa immaginare questo vino estremo a tavola con uno stracotto con rafano e cetrioli o più semplicemente con un gran caciocavallo podolico o un pecorino delle nostre montagne.































“Ribolla” 1999 - Gravner
L’ultimo campione in degustazione viene da una delle ultime esperienze con il legno del grande produttore di Oslavia del Collio Goriziano, Josko Gravner, oggi faro nella vinificazione in anfora. Al tempo la vinificazione prevedeva una macerazione di 10-14 giorni in tini di legno e poi ancora legno in botti di rovere per tre anni. Dopo l’evoluzione che questo vino, limpido ed ambrato, ha continuato in bottiglia, sembrerebbe un vero vino rosso se degustato alla cieca: i sentori di legno sono fini ma ancora molto presenti e una spiccata balsamicità lo rende intrigante ed elegante. Una opulenza rotonda affiancata da sapidità e freschezza taglienti fanno passare in secondo piano le note ossidative magari più convincenti qualche anno addietro. De Palma si diverte a far salivare tutti citando un perfetto abbinamento con un erborinato. Da provare.

 

















Anche questa sera si sono rincorse sensazioni da condividere e c’è stato spazio di crescita per tutti i partecipanti, mettendo a fuoco una realtà nuova per alcuni e forse troppo di moda per altri.


E’ partita quasi per gioco questa degustazione, proprio come avvenne per la realizzazione di quel vino di Cantina Tollo; scherzando sul fatto che fosse datata primo aprile, ha positivamente stupito anche il nostro Brighigna che ne apprezza ora la potenziale longevità. Da lui ci arriva anche una lezione di umiltà, di consapevolezza e di professionalità dichiarando la sua non presunzione nell'inserire il “C’Incanta” nel panorama internazionale e, affermando di non essere certo che questa possa essere la strada giusta, si dice pronto a sperimentare per puntare a risultati sempre migliori.

Sicuramente Andrea De Palma ci aveva visto lungo.


Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)

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