“BA BA
BA…BR”
Degustazione CdG alla cieca- 24/02/2016
Con il vino servito
alla temperatura ottimale nel calice adatto, la bottiglia in bella mostra e
magari con il produttore che ce lo “racconta”, forse anche i nostri sensi si
lasciano convincere e a volte traviare. Ma davanti ad una sfilza di bottiglie
bendate è proprio il caso di accendere il motore delle sensazioni e vedere dove
il nostro giudizio va a parare.
La Confraternita del Grappolo non è nuova a questo tipo di esperienza e questa sera accetta di buon grado di lasciarsi coinvolgere nel degustare le 8 bottiglie coperte proposte dalla consorella Katiuscia Di Ciano e dal “Boss” del Comitato di Degustazione Giuliano Bellicoso.
Questa modalità,
utilizzata spesso per la redazione di guide o concorsi enologici, si presta
bene anche come gioco: l’intento della serata è proprio volto alla didattica e
alla crescita comune della capacità di degustazione senza dimenticare il sano
divertimento di confrontarsi in allegria.
Apprezzare un film
senza conoscerne il regista, rimanere stupiti davanti ad un dipinto senza
vederne la firma o disprezzare una musica composta magari da un grande artista,
a volte è l’occasione giusta per testare sé stessi, la propria capacità di
giudizio, il proprio gusto.
L’imparzialità e
l’attendibilità del risultato si gioca sul numero degli indizi che vengono
forniti: stasera sappiamo solo che sono vini rossi e che il titolo ha fatto
pensare a più di uno di noi che quelle sillabe potessero essere le iniziali di
notissimi vini piemontesi e magari un toscano… Chissà.
Successivamente al
primo assaggio, una volta ascoltate le prime impressioni si ritornerà sui
calici per una seconda analisi con le bottiglie ancora coperte, per verificare
se le sensazioni si sono modificate mentre i nostri palati mettono in ordine le
idee. Le etichette verranno svelate solo alla fine, mentre per il lettore di
questo articolo riporteremo le identità delle bottiglie alla fine di ogni singola
descrizione.
Comunque il primo
segnale positivo che ci si aspettava da questo tipo di degustazione, e che si
nota stasera appena dopo il servizio dei vini, è la concentrazione che traspare
dai volti attenti di tutti i confratelli.
L’effetto “esame” funziona
molto bene e sicuramente regalerà sorprese. Vediamo.
1.
Il primo vino si
presenta in un rosso rubino/granata intenso e limpido; al naso risulta
piacevole ma un po’ monocorde, con poco frutto e terziario di cuoio non troppo
elegante. Il calore alcolico è potente sorretto da tannini che fanno pensare
qualcuno ad un’annata fredda; carenze in complessità ed equilibrio sarebbero
penalizzanti per un vino non giovanissimo. Apprezzata la sapidità, è forse lo
stile tradizionale un po’ rustico che non convince alcuni. Al secondo passaggio
sul calice, dopo aver sentito tutti gli altri, i due enologi presenti gridano
al “bret!” evidenziando la leggera nota poco gradevole che fa pensare ad una
contaminazione delle botti. Voto (media complessiva): 79.
G. Bianco – Barbera d’Alba 2009
2.
Nel secondo calice si
ripete il manto rosso del precedente ma più lucente; il naso ne evidenzia
l’evoluzione:
tostato di caffè, cuoio
e polvere accompagnati da un fruttato maturo quasi da appassimento. I tannini
ancora un po’ “verdi” e l’acidità spinta mostrano però la poca corrispondenza
con quanto evocato nelle olfazioni. Convince poco e qualcuno si spinge a
pensare che si tratti di un vitigno non proprio nordico. Voto: 74.
Braida – Barbera d’Asti “Bricco della Bigotta” 2008
Con il terzo vino il
gioco dura pochissimo: le evidenti note ossidative, alla vista ma ancor più al
naso, fanno sì che venga quasi subito abbandonato. Chi proseguendo lo assaggia,
conferma quanto stabilito e, definito da qualcuno, “morto”. Voto: n.c.
Braida – Barbera d’Asti “Bricco dell’Uccellone” 1991
4.
La veste granata
luminosa del quarto vino fa dimenticare in fretta il precedente: un ventaglio
elegante si apre subito su arancia amara e viola con lievi note speziate. In
bocca i tannini asciugano a dovere e invitano l’abbinamento alla succulenza del
cibo. E’ il primo della serie che convince e, tornandoci sopra a giochi fatti,
siamo sicuri che meritasse di più. Comunque nebbiolo per più di uno di noi.
Voto: 83.
G. Bianco – Barbaresco “Pora” 2008
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5.
Il quinto campione fa
pensare ad un’altra “dipartita” con i riflessi spenti color mattone e un naso
molle che annoia e ricorda il nocino. Assolutamente non riconducibile nemmeno
per i più esperti in sala. Amen. Voto: n.c.
Gaja – Barbaresco “Sorì Tildin” 1989
6.
Si prosegue con un vino
granato tenue e limpido che fa un po’ di capricci e stenta a parlare di sé.
Dopo un dovuto “quarto d’ora accademico” di gira e rigira nel calice, si mostra
suadente con tannini eleganti e note di goudron. Per alcuni il migliore della
serata, anche se le note ematiche percepite nel secondo assaggio hanno fatto pensare (scopriremo poi erroneamente!) ad un
toscano di buona famiglia. Voto: 87.
Cascina Chicco – Barolo Riserva “Ginestra” 2008
7.
Le due bottiglie del
settimo vino proposto sfortunatamente non si assomigliano e in quella servita
sul lato destro della tavolata fa capolino il sentore di tappo. Non giudicabile
per alcuni di noi, ma gli altri ci raccontano di un naso convincente che si
evolve su complessità speziate ed erbacee da ricordare un cabernet e di un
forte impatto sul palato di un tannino coerente definito “muscolare”. Nessuno
si sbilancia sulla provenienza. Voto: 85.
Elio Altare – Barolo Cerretta DOCG “Vigna Bricco” 2008
8.
Per finire, l’ultimo
calice rubino tenue con bordo granato, non si concede subito con il suo naso
stretto su un fruttato rosso maturo; la sua morbidezza di facile approccio fa
sbilanciare qualcuno che lo definisce “costruito, ma fatto bene”. Quella parte
di equilibrio che potrebbe fare la differenza forse arriverà col tempo. Il
residuo zuccherino e la volatile un po’ altina (su una delle bottiglie) farebbe
pensare ad uno stile voluto, ricercato. Fatto sta che l’epilogo convince. Voto:
90.
Colle Massari – Brunello di Montalcino DOCG “Poggio di Sotto” 2010
Buona era l’intuizione
evinta dal titolo, ritrovando il Piemonte con BA(rbera-rbaresco-rolo) e la
Toscana col BR(unello) a farci scervellare tra i sorsi. I Barbera sono i vini
che hanno convinto di meno, ma andranno sicuramente riassaggiati. I Barolo sono
quelli che nell’immaginario si sono divertiti di più, giocando a sembrare un
sanguigno toscano (Cascina Chicco) o assumendo caratteri irruenti da
internazionale (Cerretta). Peccato per “Bricco dell’Uccellone” che appare
purtroppo come un volatile spennato mentre in altre occasioni ha sempre stupito
per classe e longevità. Mi asterrei dal fare battute sul Gaja del 1989 viste le
diverse centinaia di euro della quotazione, puntualizzando solo che sarebbe
stato meraviglioso condividere con tutti i presenti un vino di tale levatura
nel pieno della forma, proprio come quella degustata un annetto fa a casa di un
confratello. Poesia amara del vino, trattandosi della stessa annata.
Ci portiamo a casa
comunque una buona dose di insegnamenti volti a prevenire i preconcetti
radicati nelle etichette blasonate e la presunzione che a volte ci può
pervadere su argomenti noti.
Riguardo ai voti
espressi mi sento di dire che i nostri tecnici che hanno il “mestiere” sono
abituati a condensare in un numero a doppia cifra il giudizio complessivo, gli
altri forse risultano un tantino impietosi o, come me, un po’ troppo di manica
larga. Tra i calici scolmi anche la matematica è preda delle opinioni. Per
fortuna.
Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)
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