Vallerosa Bonci: in azienda con il produttore del Verdicchio
In previsione della
degustazione sul Verdicchio, una piccola delegazione della Confraternita del
Grappolo decide giustamente di raggiungere le vicine colline marchigiane per
andare a conoscere uno dei produttori storici di quel territorio. Aldo conosce
la strada, Gianpiero sistema la sua macchina fotografica e dopo un breve tratto
di A14 ci ritroviamo immersi nelle colline vitate dei mitici Castelli di Jesi
in una calda giornata di primavera.
Giuseppe Bonci, alla
guida dell’azienda familiare per la terza generazione, ci attende a Cupramontana sul piazzale assolato
antistante la cantina e ci accoglie all’ombra e al fresco dell’interno.
Alcuni operai
sono alle prese con l’imbottigliamento di una delle linee base mentre
curiosando ci affacciamo su un balcone che offre una splendida vista sui filari
dal retro della costruzione:
questa, appoggiata sul
fianco della collinetta, si sviluppa verso il basso e da quello che poteva
sembrare un magazzino sul piano terra si accede scendendo nel cuore vero della
cantina. Le gigantesche vasche in cemento ora in disuso sono la testimonianza
di quello che era il Verdicchio fino a pochi lustri fa: l’inversione di
tendenza che ha portato verso la qualità abbandonando la quantità è ben
rappresentata da questo vecchio impianto capace di produrre dieci volte tanto
quella che è la produzione attuale. Al piano inferiore le nuove vasche in
cemento e in acciaio prendono parte alla creazione di quel grande bianco che
oggi conosciamo.
Risalendo dalla
cantina, Giuseppe Bonci risponde garbatamente al bombardamento di domande circa
impianti, vinificazione, rese, terreni e quant’altro ci venga in mente vista la
sua immensa disponibilità: è un uomo pacato e gentile, che parla il giusto,
quando serve.
Anche quando gli
chiedo, forse ingenuamente, se tutte le vigne di fronte a noi fossero di
Verdicchio e se non avesse la tentazione di impiantare altro su terreni ottimi anche
per i rossi, risponde sorridendo “E perché?” con tono affettuoso e sincero.
Questa è la concretezza e la determinazione di chi sa fare un mestiere ed è
fiero del suo territorio. Poche chiacchiere.
Il grande tavolo per le
degustazioni ci aspetta all’ingresso dell’azienda e questa è la carrellata di
assaggi proposti dal vignaiolo di Cupramontana:
Viatorre 2014
Molto limpido su tono
verdolino, sincero sul floreale bianco e sul tenue fruttato di pesca e mela.
Grande freschezza che mitiga i 13 gradi e il finale lievemente amarognolo.
Buona la mineralità e sorprendente la persistenza per un vino base.
Manciano 2014
Dalla contrada che
porta il suo nome arrivano le uve ben mature per questa linea. Il colore
diventa più intenso e vira sul paglierino pieno e anche al naso risulta
completamente diverso dal precedente: il fruttato è ora giallo e maturo su idee
tropicali mentre alla distanza emergono note non proprio brillanti vegetali che
ricordano il cardo. La grafite segna il passo della grande mineralità ma la
delusione arriva alla fine su una persistenza che svanisce troppo presto, come
una promessa mancata. Un’annata strana.
San Michele 2013 – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico
Superiore
La musica cambia
registro e finalmente troviamo i segni del terroir dalla contrada San Michele, a
400 metri esposta a Sud, dove si alleva questo “cru”: il colore brillante
accompagna l’atteso sentore di anice ed un fresco mentolato che fanno da
apertura alla mineralità gessosa. Definito “un bambino” proprio da Giuseppe
Bonci, scalpita con una freschezza agrumata che verrà domata dal tempo e che
consentirà grandi miglioramenti. Già ora pieno e persistente, con un finale
delizioso di mandorla. Da mettere sotto chiave.
Le case 2009 – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico
Superiore
Un altro cambio di
direzione ci attende nel calice affrontando questa selezione di uve che fa un
passaggio in barrique per il 20%. Nel colore ricorda il Viatorre ma se ne discosta
completamente da naso e bocca: l’impronta del vanigliato del legno è molto
presente e confonde anche il palato, avvolto da toni troppo morbidi e molli che
fanno perdere le parti dure e snelle del vigore del vitigno. Ora comprendiamo
meglio l’affermazione del Bonci di poco prima quando disse che se cominciasse
oggi a vinificare utilizzerebbe solo l’acciaio. Parole sante.
San Michele 2000 – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico
Superiore
Il padrone di casa fa
presto a farsi perdonare e stappa una delle 300 o 400 bottiglie “nascoste” di
questa linea. Nel colore questo vino diventa più intenso ma non perde la
lucentezza e svela tutto anche senza doverlo aspettare: ecco l’eleganza di un
grande bianco che pur avendo i muscoli avvolge l’olfatto con complessità ed
eleganza su toni che vanno dalla cipria alla mela cotogna e ai canditi, dal
confetto si arriva persino ad un terroso che sa di liquirizia. L’esplosione
minerale e fresca non si fa certo attendere in bocca e la sapidità accompagna
magistralmente l’incredibile persistenza. Ecco come dovrebbe invecchiare un
bianco.
San Michele 2001 – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC Classico
Superiore
A dimostrazione che,
come Bonci rivela, in quelle zone “le annate buone sono quelle cattive” perché
i terreni sciolti e poco compatti hanno bisogno di fresco, ecco la prova con la
bottiglia dell’anno seguente che sembra arrivare invece dal decennio
precedente: le note ossidative sono troppo presenti e il retrolfatto risulta
stanco e sa di “vecchio”. Didattica.
Pietrone 2009 – Castelli di Jesi Verdicchio Riserva DOCG Classico
12 mesi nel cemento e
altri 12 in bottiglia per questo prodotto, ottenuto da uve con leggera
surmaturazione raccolte ai primi di Novembre. Il bel giallo dorato apre al naso
i sentori caldi di miele di acacia, salvia, di un fruttato giallo maturo con
lievi note agrumate e di nocciola. Nonostante il calore alcolico, in bocca è
tagliente per mineralità e freschezza; forse andrebbe servito a temperature non
troppo basse. Buono da abbinare anche a carni bianche.
Millesimato Spumante Metodo Classico Brut
Dalle stesse uve del
Pietrone si ottiene la base spumante per questo metodo classico. Assaggiamo la
vendemmia 2009 sboccata nel 2014 che presenta un perlage di buona grana e
persistenza. I lieviti degli anni passati in affinamento si fanno ben sentire
nell’impatto fortemente salino. In bocca c’è anche morbidezza che accompagna
frutto e sapidità. “La liqueur deve accontentare un po’ tutti”, dice Bonci.
Brut
Parte di quelle stesse
uve finisce in autoclave per la produzione di una bolla di più facile beva.
Questo Charmat è brioso e fresco, un po’ muto al naso. Di impatto irruento
migliora sul finale che ricorda il vitigno. Per un aperitivo sbarazzino, in
alternativa alle bollicine di Valdobbiadene, per esempio.
Rojano (passito)
Dall’appassimento sulle
piante, le uve vengono raccolte a novembre e fatte fermentare lentamente fino
ad un passaggio in barriques per quattro o cinque mesi in primavera.
Ambrato e intenso alla
vista, avvolgente al naso sui toni classici (salvia, fieno) e toni caldi di
frutta candita, miele e vaniglia. E’ da rilevare la grande bevibilità che
possiede nonostante dolcezza e morbidezza tipiche di un passito: non risulta
mai stucchevole pur rimanendo di spessore. La bottiglia da mezzo litro potrebbe
finire in un attimo tra i discorsi di un fine cena.
Fatto l’acquisto per la
Confraternita ne approfittiamo per qualche “souvenir” personale da stappare in
ricordo della splendida giornata e ci congediamo da Giuseppe Bonci con la
promessa di una verticale da fare in Abruzzo.
La fame ci coglie
appena saliti in macchina e ci fermiamo dopo poche curve in un ristorante
consigliatoci dal produttore. La faccia tosta indossata all’ingresso della sala
ci consente di arrivare al tavolo con alcune delle nostre bottiglie Bonci tra
le mani: nulla da ridire da parte dei gentilissimi gestori del posto.
Praticamente la
degustazione continua a tavola e ci dà lo spunto per tentare qualche
abbinamento: tutto facile sui primi piatti, ma quando arriva il gigantesco
vassoio di fritto misto alla Marchigiana
scopriamo che il Pietrone si arrende subito di fronte alla carica di unto e
veniamo salvati da una delle bottiglie della linea base. Nella vita non sempre
serve una DOCG.
Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)
PER VEDERE TUTTE LE FOTO DELLA VISITA AZIENDALE CLICCA QUI
Nessun commento:
Posta un commento