domenica 28 febbraio 2016

VIN DE GARAGE


VIN DE GARAGE
Degustazione CdG - 22/10/2015

Immaginiamo per un attimo il gusto e lo stupore nel realizzare il proprio vino in casa recuperando magari una vecchia usanza di famiglia che sa di autentico. Ok, fatto? Ecco, la degustazione di stasera proverà a raccontarci questa realtà che fortunatamente qualcuno sostiene ancora e si divertirà a rendercene parte.
A fare largo tra la nebbia creata dalla mole delle bottiglie presenti in sala e l’apparente confusione prodotta dalla cordialità di una serata tra amici ci pensa l’enologo Pierluigi Cocchini,


un riferimento in questi ultimi anni anche per ciò che riguarda le realtà indipendenti sul nostro territorio e non solo.

L’esempio con il quale apre la sua parte introduttiva è calzante e focalizza da subito l’attenzione dei presenti: senza sofisticate tecnologie il vino si può fare e si può fare addirittura in casa. Sembra scontato ma è questo un richiamo forse al recupero di una tradizione persa come tante altre che è quella di fare il vino da sé, a proprio gusto, ad uso anche solo di familiari ed amici, senza un mercato da dover accontentare. Cosa si guadagnerebbe da questa pratica tanto cara ai nostri nonni? Secondo Cocchini servirebbe a combattere l’omologazione dei vini che viene automaticamente imposta dalle grandi aziende che spesso stravolgono il prodotto integro del territorio, costringendolo ad aderire ai canali del gusto o della moda del momento con pratiche di cantina molto invasive.


Le difficoltà maggiori sulle quali l’enologo ci mette in guardia sono comunque legate al controllo dei lieviti e delle temperature. E’ fondamentale la scelta del luogo da adibire a cantina seguendo poi i vari procedimenti con pochi strumenti essenziali; le uve sane e il rispetto delle norme igieniche aiuteranno il garagista a migliorare il suo personalissimo prodotto finale.

In bella mostra sul tavolo di servizio spicca il carattere eterogeneo dei vini anche dall'aspetto puramente visivo: si passa dalla bottiglia senza etichetta a quella con lo stile pronto da scaffale a quella ricercata da produzione di nicchia con tanto di opera d’arte accuratamente scelta. Una meraviglia.


Osservando il palchetto dei relatori si apprezza ancora di più la scelta della Confraternita e il valore anche didattico che la degustazione può avere stasera: c’è infatti chi “crea” i propri vini da solo qualche anno e chi invece, ora professionista, ci regala ricordi imbottigliati di quando era garagista.


Non si sottrae dal mettersi in gioco neanche il relatore Cocchini e proprio da un suo vino parte la degustazione. Ci presenta un campione di vasca di Trebbiano d’Abruzzo e Garganega 2015 così come si presenta prima del dovuto riposo per almeno un anno: fortemente citrico con una freschezza da domare; si avverte un fruttato acerbo, belle note balsamiche e asprezza quasi tannica sul fondo. Aspetteremo il dovuto lasso di tempo per apprezzarne il corpo assaporandolo di nuovo, come consigliatoci da chi lo ha prodotto, a temperature non proprio basse.

Ci racconta le sue prime esperienze anche Nicola Minnucci recuperando qualche bottiglia di un Bianco 2001 (Trebbiano e Malvasia), quando non ancora produttore sperimentava con le uve delle sue pergole. Forse nessuno meglio di lui può incarnare la genuinità e la tipicità in quel calice di “vino di campagna”, dove tradizionalmente si utilizzava la Malvasia per aggiungere sostegno e grazia al rustico Trebbiano. E’ il vino che veniva consumato nell'immediato dalla famiglie contadine anche se dà il meglio di sé dopo almeno un anno. Alla vista e all'olfatto non dimostra gli anni che ha e si difende bene con la freschezza residua; Cocchini si complimenta per l’accurata gestione dell’ossigeno nei travasi e il buon Minnucci concede parte del merito ad una tappatrice difettosa che ha involontariamente protetto il contenuto della bottiglia per mezzo dei tartrati  tracimati dal vino stesso che hanno fatto da sigillante.


Un’altra esperienza viene offerta da Riccardo Gentile, dell’omonima azienda vinicola sita sulle alture aquilane che stappa per noi un paio di ricordi appartenenti agli albori dell’attività di suo padre Bruno: il primo è un Pinot Grigio 1994, frutto di un impianto ora dismesso a vantaggio delle uve autoctone che costringeva a vendemmiare intorno al 20 di agosto in quel di Ofena (AQ). Con una veste da vino Orange si presenta pungente al naso e con una nota maderizzata troppo presente; in bocca risuona la frutta cotta dell’ossidazione anche se rimane un vino pulito, figlio di tecniche di cantina adeguate.


Il secondo è addirittura un Cerasuolo d’Abruzzo 1991 che sfida il tempo con il suo manto di riduzione che svanisce pian piano. Al naso Cocchini associa i sentori lattici a quelli tipici di una birra Lambic; in successione poi si rincorrono tante sensazioni da scoprire, dal floreale secco alle note tostate di caffè e dimostra carattere dividendo nettamente il gradimento della platea.

Dalla stessa provincia montuosa arrivano nei nostri calici le esperienze del Confratello Pierluca Masciocchi, esperto sommelier mosso dalla passione e dalla continua ricerca che lo hanno portato nel tempo ad affinare la tecnica fino a realizzare vini definiti amichevolmente da Cocchini “quasi industriali”. Falanghina 2014 realizzata con fermentazione spontanea, limpida dal naso interessante tra cipria e fiori delicati. Non eccelle nel corpo ma si lascia bere nascondendo bene i 14 gradi. Con le stesse uve ma vinificate in rosso ci propone la versione Orange 2013 di grande spessore, impreziosita da bergamotto e toni vegetali freschi; le sensazioni dure dei tannini ci invitano ad aspettare volentieri qualche anno.
Pierluca ha sperimentato di tutto passando dal metodo classico fino al passito, sfruttando al meglio il vantaggio del freddo offerto dal clima aquilano. Ci presenta una
Il suo Cerasuolo d’Abruzzo 2014 è dritto e preciso, limpido e lucente da scaffale. Buono ora, vediamo come evolverà nel tempo. Sui rossi Pierluca si avvale anche del legno oltre all'acciaio utilizzato per i vini precedenti e offre un Montepulciano d’Abruzzo 2007 dal colore vivo e profumi vegetali intriganti forse coperti dalla barrique, anche se di terzo passaggio.


Accogliamo la passione di winemaker di Andrea D’Ascanio che propone il terroir delle colline teramane con il suo Cerasuolo d’A. 2014 realizzato per salasso che risulta molto invitante per il suo colore tenue; fine e delicato al naso evoca caramelle alla fragola mentre esplode l’acidità all'assaggio.


A seguire ci mostra come a volte l’impronta del legno sia eccessivamente dominante facendoci degustare il suo Montepulciano d’A. 2013 dove è chiara la presenza della materia buona ma anche della mano esperta tradita dallo stucchevole sentore di cocco della piccola botte di quarto passaggio. 
Grazie Andrea, una lezione per tutti.





Il Montepulciano d’A. Campione n.5 2011 dell’amico Giampiero Cicchetti è il primo vino “di sentimento” più che di valore da lui stesso definito.


Da uomo esperto di vino si diverte a realizzarlo con una piccola percentuale di Sangiovese inserita nelle uve autoctone di una vigna degli anni ’70. Incarnando appieno lo spirito del garagista ci sprona a non premiare gli errori scambiandoli per tipicità, mentre Cocchini invita a soffermarsi su quanto ci sia di buono rispetto alla piccola imperfezione anche se evidente, citando da anfitrione una Belen dal naso aquilino.

Il più delle volte questa passione viene ereditata, come ci conferma il simpatico Tonino Scutti che porta avanti la vinificazione casalinga della Barbera, vitigno quantomeno insolito dalle nostre parti, frutto di una sfida giocosa con parenti piemontesi. Da queste “invasioni barbare” come Tonino le definisce, scaturisce lBarbara 2013, macerata per 15 giorni e lasciata per qualche mese nella botte di un amico (!). Qui la carica acida si sente tutta e Cocchini rimprovera per un legno sporco. Divertente e curata anche l’etichetta che ogni anno si fregia di un’opera d’arte differente; con sincerità il giovane garagista svela il timore di doverlo consumare entro la primavera, credendo poco nella durabilità del suo prodotto.






In ultimo ho lasciato la descrizione dei vini realizzati dall'amico Giovanni Carullo perché il suo Montepulciano d’A. Eutopia 2014 stupisce e convince tutti per concretezza ed autenticità. Vinificato con genuina semplicità, pochi giorni sulle bucce e fermentazione spontanea, si apre schietto ai sentori selvatici (come dice Cocchini) ed erbacei che fanno parte del patrimonio di queste uve. Definito una “creatura”, speriamo ne resti qualche bottiglia da riassaggiare tra un annetto. Storia diversa per Eutopia 2013 che risulta un po’ duretto tra tannini e acidità.

Giovanni può essere fiero del risultato che è andato ben oltre l’obiettivo che si era posto nel 2011 e cioè di rendere quantomeno bevibile il vino di famiglia. Bravo.

Abbiamo riscoperto il lato umano del vino e dei protagonisti che compiono l’alchimia ottenendo qualcosa che va dall'alimento-bevanda alla famiglia-tradizione al sentimento-passione avvicinando la chimica al cuore.



Soddisfatti ci lasciamo agli abbracci e ai complimenti sinceri come dopo aver assistito ad un concerto di artisti di etichette indipendenti, tra vecchie e nuove canzoni che ci fanno dimenticare i perfezionismi delle grandi aziende e la mancanza di talento imbottigliato a dovere. Prosit.

I produttori protagonisti della serata:
- Azienda Agricola Minnucci (Nicola Minnucci)
- Azienda Agricola Vi.ni.ca. (Pierluigi Cocchini)
- Gentile Vini (Riccardo Gentile)

Gli amici garagisti:
- Pierluca Masciocchi
- Andrea d'Ascanio
- Giovanni Carullo
- Giampiero Cicchetti

- Tonino Scutti 

Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)


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