VIN DE
GARAGE
Degustazione CdG - 22/10/2015
Immaginiamo per un
attimo il gusto e lo stupore nel realizzare il proprio vino in casa recuperando
magari una vecchia usanza di famiglia che sa di autentico. Ok, fatto? Ecco, la
degustazione di stasera proverà a raccontarci questa realtà che fortunatamente
qualcuno sostiene ancora e si divertirà a rendercene parte.
A fare largo tra la
nebbia creata dalla mole delle bottiglie presenti in sala e l’apparente
confusione prodotta dalla cordialità di una serata tra amici ci pensa l’enologo
Pierluigi Cocchini,
un riferimento in questi ultimi anni anche per ciò che riguarda le realtà indipendenti sul nostro territorio e non solo.
L’esempio con il quale
apre la sua parte introduttiva è calzante e focalizza da subito l’attenzione
dei presenti: senza sofisticate tecnologie il vino si può fare e si può fare
addirittura in casa. Sembra scontato ma è questo un richiamo forse al recupero
di una tradizione persa come tante altre che è quella di fare il vino da sé, a
proprio gusto, ad uso anche solo di familiari ed amici, senza un mercato da dover
accontentare. Cosa si guadagnerebbe da questa pratica tanto cara ai nostri
nonni? Secondo Cocchini servirebbe a combattere l’omologazione dei vini che
viene automaticamente imposta dalle grandi aziende che spesso stravolgono il
prodotto integro del territorio, costringendolo ad aderire ai canali del gusto
o della moda del momento con pratiche di cantina molto invasive.
Le difficoltà maggiori
sulle quali l’enologo ci mette in guardia sono comunque legate al controllo dei
lieviti e delle temperature. E’ fondamentale la scelta del luogo da adibire a
cantina seguendo poi i vari procedimenti con pochi strumenti essenziali; le uve
sane e il rispetto delle norme igieniche aiuteranno il garagista a migliorare
il suo personalissimo prodotto finale.
In bella mostra sul
tavolo di servizio spicca il carattere eterogeneo dei vini anche dall'aspetto
puramente visivo: si passa dalla bottiglia senza etichetta a quella con lo
stile pronto da scaffale a quella ricercata da produzione di nicchia con tanto
di opera d’arte accuratamente scelta. Una meraviglia.
Osservando il palchetto
dei relatori si apprezza ancora di più la scelta della Confraternita e il
valore anche didattico che la degustazione può avere stasera: c’è infatti chi
“crea” i propri vini da solo qualche anno e chi invece, ora professionista, ci
regala ricordi imbottigliati di quando era garagista.
Non si sottrae dal
mettersi in gioco neanche il relatore Cocchini
e proprio da un suo vino parte la degustazione. Ci presenta un campione di
vasca di Trebbiano d’Abruzzo e Garganega
2015 così come si presenta prima del dovuto riposo per almeno un anno:
fortemente citrico con una freschezza da domare; si avverte un fruttato acerbo,
belle note balsamiche e asprezza quasi tannica sul fondo. Aspetteremo il dovuto
lasso di tempo per apprezzarne il corpo assaporandolo di nuovo, come
consigliatoci da chi lo ha prodotto, a temperature non proprio basse.
Ci racconta le sue
prime esperienze anche Nicola Minnucci recuperando qualche bottiglia di un Bianco
2001 (Trebbiano e Malvasia), quando non ancora produttore sperimentava con
le uve delle sue pergole. Forse nessuno meglio di lui può incarnare la
genuinità e la tipicità in quel calice di “vino di campagna”, dove
tradizionalmente si utilizzava la Malvasia per aggiungere sostegno e grazia al
rustico Trebbiano. E’ il vino che veniva consumato nell'immediato dalla
famiglie contadine anche se dà il meglio di sé dopo almeno un anno. Alla vista
e all'olfatto non dimostra gli anni che ha e si difende bene con la freschezza
residua; Cocchini si complimenta per l’accurata gestione dell’ossigeno nei
travasi e il buon Minnucci concede parte del merito ad una tappatrice difettosa
che ha involontariamente protetto il contenuto della bottiglia per mezzo dei
tartrati tracimati dal vino stesso che
hanno fatto da sigillante.
Un’altra esperienza
viene offerta da Riccardo Gentile, dell’omonima azienda vinicola sita sulle alture aquilane che stappa per noi un paio di ricordi appartenenti agli albori dell’attività di suo padre Bruno: il primo è un Pinot Grigio 1994, frutto
di un impianto ora dismesso a vantaggio delle uve autoctone che costringeva a
vendemmiare intorno al 20 di agosto in quel di Ofena (AQ). Con una veste da
vino Orange si presenta pungente al naso e con una nota maderizzata troppo
presente; in bocca risuona la frutta cotta dell’ossidazione anche se rimane un
vino pulito, figlio di tecniche di cantina adeguate.
Il secondo è addirittura un Cerasuolo d’Abruzzo 1991 che sfida il tempo con il suo manto di riduzione che svanisce pian piano. Al naso Cocchini associa i sentori lattici a quelli tipici di una birra Lambic; in successione poi si rincorrono tante sensazioni da scoprire, dal floreale secco alle note tostate di caffè e dimostra carattere dividendo nettamente il gradimento della platea.
Dalla stessa provincia
montuosa arrivano nei nostri calici le esperienze del Confratello Pierluca Masciocchi, esperto sommelier
mosso dalla passione e dalla continua ricerca che lo hanno portato nel tempo ad
affinare la tecnica fino a realizzare vini definiti amichevolmente da Cocchini
“quasi industriali”. Falanghina
2014 realizzata con fermentazione spontanea, limpida dal naso interessante
tra cipria e fiori delicati. Non eccelle nel corpo ma si lascia bere
nascondendo bene i 14 gradi. Con le stesse uve ma vinificate in rosso ci
propone la versione Orange 2013 di
grande spessore, impreziosita da bergamotto e toni vegetali freschi; le
sensazioni dure dei tannini ci invitano ad aspettare volentieri qualche anno.
Pierluca ha sperimentato di tutto passando dal metodo classico
fino al passito, sfruttando al meglio il vantaggio del freddo offerto dal clima
aquilano. Ci presenta una
Il suo Cerasuolo d’Abruzzo 2014 è dritto e
preciso, limpido e lucente da scaffale. Buono ora, vediamo come evolverà nel
tempo. Sui rossi Pierluca si avvale anche del legno oltre all'acciaio utilizzato
per i vini precedenti e offre un Montepulciano
d’Abruzzo 2007 dal colore vivo e profumi vegetali intriganti forse coperti
dalla barrique, anche se di terzo passaggio.
A seguire ci mostra
come a volte l’impronta del legno sia eccessivamente dominante facendoci
degustare il suo Montepulciano d’A. 2013
dove è chiara la presenza della materia buona ma anche della mano esperta
tradita dallo stucchevole sentore di cocco della piccola botte di quarto
passaggio.
Grazie Andrea, una lezione per tutti.
Il Montepulciano d’A. Campione n.5 2011 dell’amico Giampiero Cicchetti è il primo vino “di
sentimento” più che di valore da lui stesso definito.
Da uomo esperto di vino si diverte a realizzarlo con una piccola percentuale di Sangiovese inserita nelle uve autoctone di una vigna degli anni ’70. Incarnando appieno lo spirito del garagista ci sprona a non premiare gli errori scambiandoli per tipicità, mentre Cocchini invita a soffermarsi su quanto ci sia di buono rispetto alla piccola imperfezione anche se evidente, citando da anfitrione una Belen dal naso aquilino.
Il più delle volte
questa passione viene ereditata, come ci conferma il simpatico Tonino Scutti che porta avanti la vinificazione casalinga della Barbera, vitigno quantomeno insolito dalle nostre parti, frutto di una sfida giocosa con parenti piemontesi. Da queste “invasioni barbare” come Tonino le definisce, scaturisce la Barbara 2013, macerata per 15 giorni e lasciata per qualche mese
nella botte di un amico (!). Qui la carica acida si sente tutta e Cocchini
rimprovera per un legno sporco. Divertente e curata anche l’etichetta che ogni
anno si fregia di un’opera d’arte differente; con sincerità il giovane
garagista svela il timore di doverlo consumare entro la primavera, credendo
poco nella durabilità del suo prodotto.
In ultimo ho lasciato la descrizione dei vini realizzati dall'amico Giovanni Carullo perché il suo Montepulciano d’A. Eutopia 2014 stupisce e convince tutti per concretezza ed autenticità. Vinificato con genuina semplicità, pochi giorni sulle bucce e fermentazione spontanea, si apre schietto ai sentori selvatici (come dice Cocchini) ed erbacei che fanno parte del patrimonio di queste uve. Definito una “creatura”, speriamo ne resti qualche bottiglia da riassaggiare tra un annetto. Storia diversa per Eutopia 2013 che risulta un po’ duretto tra tannini e acidità.
Giovanni può essere fiero del risultato che è andato ben oltre l’obiettivo che si era posto nel 2011 e cioè di rendere quantomeno bevibile il vino di famiglia. Bravo.
Abbiamo riscoperto il
lato umano del vino e dei protagonisti che compiono l’alchimia ottenendo
qualcosa che va dall'alimento-bevanda alla famiglia-tradizione al
sentimento-passione avvicinando la chimica al cuore.
Soddisfatti ci lasciamo agli abbracci e ai complimenti sinceri come dopo aver assistito ad un concerto di artisti di etichette indipendenti, tra vecchie e nuove canzoni che ci fanno dimenticare i perfezionismi delle grandi aziende e la mancanza di talento imbottigliato a dovere. Prosit.
Soddisfatti ci lasciamo agli abbracci e ai complimenti sinceri come dopo aver assistito ad un concerto di artisti di etichette indipendenti, tra vecchie e nuove canzoni che ci fanno dimenticare i perfezionismi delle grandi aziende e la mancanza di talento imbottigliato a dovere. Prosit.
I produttori
protagonisti della serata:
- Azienda Agricola Minnucci (Nicola Minnucci)
- Azienda Agricola Vi.ni.ca. (Pierluigi Cocchini)
- Gentile Vini (Riccardo Gentile)
Gli amici garagisti:
- Pierluca Masciocchi
- Andrea d'Ascanio
- Giovanni Carullo
- Giampiero Cicchetti
- Tonino Scutti
Pierluigi Aielli
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