giovedì 11 febbraio 2016

ALLE PENDICI DELL'ETNA

 Degustazione CdG - ALLE PENDICI DELL'ETNA - 04/11/2015


L’interesse di spingersi molto a Sud alla ricerca di emozioni da degustare trapelava già da tempo nei discorsi interni della Confratenita del Grappolo circa i temi da approfondire. Ecco che finalmente l’occasione giusta ci viene offerta stasera dai confratelli Stefano Mazzocca, Massimo Di Cintio e Massimo Caluori che ci permetteranno di salire in quota scendendo però nel cuore del Mediterraneo: degusteremo alcuni tra i vini più rappresentativi di un’enologia stoica che si spinge ad alte quote sui fianchi del vulcano attivo più grande d’Europa, l’Etna appunto.


Tralasciando la storia millenaria dell’enologia che su quest’isola inizia qualche millennio fa, per apprezzare il valore che al vino viene dato in queste precise zone possiamo citare la Maestranza dei Vigneri, una corporazione di viticoltori fondata a Catania nel 1435 che aveva come obiettivo principale quello di permettere alle nuove generazioni di apprendere come coltivare le vigne e come produrre vino in quel territorio. Lo scambio di esperienze provenienti da ogni singola casa-cantina, con torchio e grandi vasche per la fermentazione detti palmenti, ha permesso lo sviluppo di un vero e proprio microcosmo unico capace di offrire prodotti unici. La filosofia vitivinicola etnea si potrebbe bene riassumere così: viti allevate ad alberello, vitigni autoctoni, tutela dell’ambiente e rispetto del Territorio dell’Uomo.


Su questo Parco Nazionale aspro e incontaminato, su terreni prevalentemente sabbiosi misti a pomice, si estendono le superfici vitate a partire dai 300 metri slm sino ad arrivare oltre i 900. Le antiche vigne pre-fillossera allevate ad alberello godono allo stesso tempo sia del calore del mare siciliano che dell’aria sferzante e tersa di montagna, con escursioni termiche che arrivano a balzi anche di 30 gradi che permettono di fissare nelle uve tutti quegli elementi preziosi che caratterizzeranno poi il vino, arricchendolo in struttura, acidità e grande mineralità.
Le tecniche di allevamento e vinificazione per la gran parte delle aziende avvengono attraverso metodi naturali con la minima “interferenza” in cantina della mano dell’uomo. Si vendemmia quasi sempre dopo la metà di ottobre fino ad arrivare a novembre inoltrato. Tenuto a bada il timore delle piogge, si raccolgono uve fresche e mature; si passa poi a fermentare senza termocondizionamento né lieviti selezionati e vinificare in botti di legno con percentuali irrisorie di anidride solforosa.
La zona di maggiore interesse circonda ad arco l’area del vulcano abbracciandolo da Nord ad Est e poi a Sud avendo migliore esposizione e risentendo dei suddetti influssi benefici del mare.
I vitigni, manco a dirlo, sono assolutamente autoctoni e in queste zone si lascia giustamente poco spazio ai classici della regione o agli internazionali: a bacca rossa troneggiano il Nerello Mascalese, capace di affrontare magnificamente l’invecchiamento e il Nerello Cappuccio dal colore intenso; per i bianchi troviamo principalmente il Carricante con la sua verve acida da smorzare con il legno e la malolattica.


Passiamo alla degustazione e alle sensazioni avvertite insieme.
Si parte con i bianchi e il primo vino è “Etna Bianco” 2013 della cantina Graci. Da vigneti della Valle dell’Alcantara posti a 600 m con uvaggio di Carricante (70%) e Catarratto si presenta in un luminoso giallo verdolino rivelando la giovane età e preannunciando freschezza; al naso dominano i fiori gialli e il fruttato tropicale è accompagnato da toni agrumati avvolti in leggero sentore vanigliato. Nelle ulteriori olfazioni, a temperatura più alta, le note morbide si attenuano lasciando scoprire una attesa mineralità.
In bocca è abbastanza sapido e fresco, non impattante ma deciso.



Il secondo vino, “A Puddara” 2013 di Tenuta di Fessina, anch’esso a base di Carricante arriva dalla zona a Sud del vulcano da quota 900 m. Il colore giallo verdolino è meno intenso del precedente ma ancor più luminoso; un floreale leggero ed elegante accompagna frutta bianca (mela) e note di nocciola. Secondo alcuni la terrosità di fondo, dovuta forse alla maturazione in botti grandi, svela l’artigianalità del prodotto. Buona la mineralità che arriva in un secondo momento. Pieno e sapido, meno fresco del precedente ma più invitante alla beva grazie ad una nota “verde” erbacea che si avverte nel retronasale. Sicuramente da risentire tra qualche tempo.



Ora è la volta di Girolamo Russo con il “Nerina” 2013. La zona di produzione è a Randazzo a circa 700 m con rese di 40 q/ha. L’uvaggio è simile ai precedenti con il 70% di Carricante. Il colore vira sul verdolino/paglierino e c’è grande consistenza nel calice; meno intenso dei primi ma assolutamente più elegante: gli agrumi e il floreale si ripetono ma contornati da spiccata mineralità, note di rosmarino e menta e leggerissimo sentore burroso dell’avvenuta malolattica. L’assaggio regala mineralità e freschezza in primo piano egregiamente bilanciate dal corpo pieno. Un vino equilibrato già ora.

L’ultimo bianco con il Carricante in purezza arriva da Est da uno dei maggiori produttori della Regione, “Pietra Marina” 2010 Etna Bianco Superiore della cantina Benanti di Milo a quota 750 m.
Questo vino, limpidissimo e lucente, volta totalmente pagina a livello di sensazioni rispetto ai bianchi degustati stasera: l’impatto spiccatamente minerale lascia spazio a molto altro: da toni quasi sulfurei a quelli resinosi e verdi, dalla lacca agli idrocarburi leggeri. E questa complessità si unisce perfettamente ai sentori di mandorla e fiori bianchi freschi e ad un erbaceo delicato. Bilanciato ed elegante, in bocca è pieno e deciso in freschezza, la mineralità si mantiene sul finale lungo che invoglia al sorso. Sicuramente può avere ancora margini di miglioramento.


Dalla batteria dei bianchi a quelli dei rossi si fa in fretta con “Etna Rosso” 2013 di Pietradolce, zona a Nord nel Comune di Castiglione di Sicilia. Tutto Nerello Mascalese con impianti a 600 m.
Il colore rubino non intenso ricorda un giovane pinot noir. Al naso arrivano presto i frutti rossi delicati come la fragola e lo speziato leggero di pepe bianco e anice; l’agrumato si unisce alle sensazioni minerali elegantemente. Sul palato, passata la sferzata di freschezza si possono apprezzare i tannini leggeri con un fondo di sentori ferrosi. Tutto questo scatena una bevibilità irresistibile che non fa avvertire i 14 gradi ben nascosti. Un vino sorprendentemente schietto.



Da vigneti a Nord-Est ci arriva “I Vigneri” 2013 , consorzio dal nome evocativo dei succitati vignaioli artefici e custodi di questo territorio. Il Nerello è Mascalese (70%) e Cappuccio per la restante parte.
Il rosso rubino intenso non eccelle in luminosità e riflessi, sintomo di non avvenute filtrazioni. Avvicinandolo al naso si rivela avvolgente su toni molto caldi di marmellata di ciliegia, prugna matura e lieve sentore fumoso immerso in spezie dolci. Il fruttato torna prepotente anche al sorso e forse alla lunga può stancare; la morbidezza è piena e calda anche se sullo sfondo appaiono tannini ancora ruvidi. Miglioramento negli anni? Chissà.



Il successivo vino è “N’anticchia” 2013 di Tenuta di Aglaea sempre di Castiglione di Sicilia, Mascalese in purezza. Si presenta rosso rubino spento, quasi mattone sull’unghia ma limpido. Il fruttato è tanto strano quanto interessante per un vino rosso essendo dominato da una pesca matura evidentissima. Segue anche l’agrumato e un erbaceo di edera che secondo i nostri relatori caratterizza la mano dell’enologo. I tannini delicati asciugano e detergono lasciando un bel finale speziato lungo. Un vino ben fatto e molto equilibrato già ora, ma forse non proprio rappresentativo dei caratteri comuni dell’Etna. In molti credono che possa migliorare ancora.


Nell’ultimo calice viene servito “Etna Rosso” 2011 dell’azienda Tenuta delle Terre Nere di Randazzo.
Mascalese 95% e restante Cappuccio con vigne che si estendono fino ai 900 m nella zona Nord.
Nel colore ricorda molto il precedente anche se al naso è totalmente differente ma non meno convincente: il pepe nero e la cannella si impongono da subito mentre appaiono toni polverosi; buono il fruttato rosso maturo di agrumi sorretto da mineralità di grafite e accenni di goudron. Nel cavo orale esplode il calore alcolico che cozza con i tannini avvertiti subito come ruvidi; è un vino pronto al quale manca ancora l’equilibrio. Tra qualche anno potremmo sicuramente apprezzare maggiormente le annate successive a questa. Ricordare.



Passiamo così un paio di orette girando placidamente attorno al vulcano. La soddisfazione dei relatori si specchia in quella dei partecipanti felici di aver approfondito una realtà divenuta quasi fenomeno negli ultimi anni; questo “Nord del Sud” come lo definisce Salvo Foti de I Vigneri regala emozioni che scaturiscono da una situazione pedoclimatica estrema mista all’impegno centenario dei protagonisti.

Al gusto di ognuno lasciamo le preferenze per futuri abbinamenti più che al cibo alle situazioni: la bevibilità sincera di Pietradolce, la certezza stappando Girolamo Russo, l’artigianalità de I Vigneri o la complessità affascinante di Pietra Marina che, ad onor del vero, qualcuno ricordava ancora più notevole avendo degustato annate meno recenti. Da ripetere, sicuramente.

Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)


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