Cerasuolo Valentini:
appunti di longevità
17 Marzo
2016
“E’ la seconda volta che faccio una verticale di Cerasuolo e
probabilmente anche l’ultima. Non sono molte le bottiglie che conservo e alcune
annate sono già finite; non lo ritengo un vino adatto all'invecchiamento”.
Aprendo con queste
parole, Francesco Paolo Valentini sembra gelare la platea che, in religioso
silenzio, capisce da subito il senso velato che è quello dell’unicità di un
evento per forza di cose irripetibile.
“L’artigiano del vino”,
come ama definirsi, stasera si metterà a nudo proponendo l’evoluzione temporale
del suo prodotto meno conosciuto come se fosse una creatura delicata che merita
attenzione, invitandoci a prestare molta attenzione per comprendere le
sfumature di questa “archeoenologia”.
Lo fa anche per l’importanza
che questa tipologia, per anni bistrattata e sottovalutata, ha per il
territorio e per quello che rappresenta per la tradizione abruzzese.
Il vignaiolo più famoso
d’Abruzzo ci introduce nel pieno dell’argomento fissando i concetti principali
della sua filosofia nell'operare in vigna e poi in cantina, procedendo
gradualmente e dando l’impressione che si possa trattare di concetti sì
semplici ma rigorosi, imprescindibili gli uni dagli altri. Il suo concetto di
Cerasuolo, come d'altronde per altri winemaker abruzzesi, parte dal fatto che
la vinificazione con macerazione con le bucce, pur donando struttura e colore
al prodotto finale, impoverisce il nostro rosato di quelle fresche note
floreali e fruttate; per evitare ciò il lavoro si sposta a monte, in vigna,
dove attraverso trattamenti con rame e calce coadiuvati da precisa potatura
verde, si mira ad ottenere l’ispessimento della cuticola dell’acino che porterà
poi in cantina tutto il suo corredo aromatico e cromatico per la riuscita del
prodotto.
La vinificazione
avviene da sempre senza l’aggiunta di lieviti selezionati e senza il controllo
delle temperature di fermentazione; la maturazione è affidata a grandi botti di
quercia dell’ottocento da 35 ettolitri, racchiuse tra le possenti mura
dell’antico palazzo di famiglia. Il discorso sulle temperature porta alla mente
di Valentini il solo grande nemico di questo stile di lavorazione che negli
ultimi anni potrebbe compromettere sempre di più il suo operato: i cambiamenti
climatici. Il suo discorso a riguardo si fa molto più ampio dei singoli
problemi tecnici, come ad esempio l’arresto di fermentazione, e si apre a
ventaglio su toni ambientali: le bizzarrie del meteo, le temperature inconsuete
seguite da precipitazioni a volte inconsistenti e a volte di violenza
tropicale, fanno perdere un po’ le speranze future per il proseguimento di riti
artigianali che fino ad oggi hanno portato alla realizzazione di vini unici,
intervenendo in cantina il meno possibile su una materia prima integra e sana.
Proprio la Natura,
impietosa in queste ultime vesti, torna stasera protagonista positiva e
dispensatrice di consigli nel racconto delle esperienze delle annate degustate,
impreziosite dai ricordi e dalle “lezioni” che Francesco Paolo ha ricevuto da
chi gli insegnò il mestiere, suo padre Edoardo.
A seguire, saranno
pochi i tecnicismi e le frasi ad effetto che talvolta trasportano il nostro
comunicare da sommelier, e lasceremo spazio all'analisi delle annate in
presenza del protagonista, il Cerasuolo, e del suo artefice.
2014
Partiamo da un’annata
che in Italia non sarà ricordata come una delle migliori, piovosa e fredda con
il 40% dei vigneti attaccati dalla peronospora. Nonostante ciò, Valentini porta
in cantina uve in uno stato sanitario eccellente, avendo atteso fino alla metà
di ottobre che la maturità fenolica arrivasse a compimento. Risultato:
l’equilibrio.
Il vino si presenta in
un rosa salmone tenue e molto limpido; leggera riduzione in apertura che lascia
spazio a piccoli frutti rossi e cuoio. L’equilibrio e il lungo finale ne
rivelano la classe. Bevibilità e freschezza le doti da vino in evoluzione;
evoluzione difficile da poter seguire in quanto non restano già bottiglie
disponibili. Peccato davvero.
2011
Le grandinate e il
forte caldo nella fase finale contraddistinguono questa annata; la vendemmia a
fine settembre conferisce uve spiccatamente acide (pH 2,88). In cantina però
entra in gioco “l’equilibrio degli opposti” con l’acidità sorretta e bilanciata
da un’importante alcolicità. Il vino è pieno e lungo anche se in evoluzione; il
colore leggermente aranciato è accompagnato elegantemente da fine agrumato e
note di tostatura: proprio l’autore ci conferma questo sentore e spiega che non
è dovuto all'apporto del legno delle botti, bensì alla decomposizione delle
pareti cellulari dei lieviti indigeni artefici della fermentazione.
Classicamente ritroviamo questo effetto nel sentore di caffè tipico dei rossi
di Valentini.
2008
Il 2008 riporta negli
annali appuntati in azienda il ricordo di ben otto grandinate e pioggia a volontà
con sviluppo di peronospora. Ci fu un risveglio vegetativo molto anticipato ad
aprile e l’ondata di freddo successiva portò ad un ingiallimento fogliare.
“Salvando il
salvabile”, ci racconta che si optò per una vendemmia precoce al 4 settembre:
l’uva era poca per il diradamento forzato dovuto alle grandinate, ma era ben
matura.
Se nel manto assomiglia
al precedente, al naso svela complessità intrigante: dal sottobosco al pane
tostato, dalla buccia di agrumi alle note di cuoio e caffè. Di grande corpo,
invita al sorso la sua grande freschezza. Pieno.
2007
I segni del cambiamento
climatico potrebbero per Valentini avere questa annata come emblema: niente
pioggia con vento caldo di Garbino da Sud-Ovest che portò il termometro sui 46
gradi al 26 di agosto. Il racconto è vivo quando ricorda la paura di perdere le
vigne e la pena amorevole che gli impediva di scendere in vigna prima del
pomeriggio, evitando così la visione delle foglie sofferenti e accartocciate.
La vendemmia sul
Trebbiano iniziò (come mai prima!) il 29 agosto, facendo una cernita manuale
delle uve in più passaggi: grappoli tutti a maturazione differente con l’acqua
che evaporava letteralmente dalle uve.
Il risultato fu una
grande alcolicità (15,52%) in assenza di maturità fenolica. Ma la grande
lezione per Francesco Paolo venne dalla natura stessa: la pianta, per
sopravvivere, aveva ripreso, richiamato a sé l’acqua dagli acini, “uccidendo la
propria prole”, come descrive egli stesso. La natura aveva provveduto a sé
stessa trovando la soluzione in un letargo anticipato di oltre un mese e mezzo.
Questo vino è
incredibilmente equilibrato: le leggere note ossidative si mescolano alla
perfezione con marmellata di arancia e toni agrumati, fini quanto quelli
avvertiti nei calici precedenti; un gran vino da bere ora che è al suo picco.
2006
Ecco l’unico esempio
con vinificazione con aggiunta di torchiato: si gioca sul colore, più intenso,
e su un’attesa robustezza. Visto che questa esperienza esula dall'idea di
Cerasuolo di Valentini, non è stata più riproposta.
L’annata ricorda la
recente 2015, senza sbalzi termici; un brivido però nel ricordare la vigna
salvata dalla grandine da una folata di vento.
Nel calice c’è potenza
ma manca la complessità: non si va oltre il tostato e la frutta candita.
L’equilibrio va sicuramente lodato ma risulta un po’ rude e non di corpo
adeguato. Non da conservare a lungo.
2005
Anche in un’annata non
di particolare rilievo come questa, il Cerasuolo di Valentini stupisce per la
buona dote di equilibrio che dona piacevolezza al palato, nonostante il forte
impatto del contenuto alcolico. Dal colore salmone, si apre su fresco agrumato
di confetture di limoni, pane tostato e cuoio. Il corpo non è incredibile ma
denota giovinezza e possibile evoluzione nei prossimi anni.
2003
Il forte caldo e la
siccità di quell'estate hanno messo a dura prova le piante sulle colline di
Loreto Aprutino, facendo arrivare sui grappoli delle uve definite “cotte” da
Francesco Paolo, con bucce fragili piene di piccole spaccature, esponendo così
il prodotto all'attacco dei microrganismi.
Torna alla mente del
produttore un’altra grande lezione del padre legata al 2003: anticipare la
vendemmia e decidere di raccogliere, quando l’attesa di miglioramento della
maturazione può risultare tanto vana quanto pericolosa. Aveva avuto ancora
ragione l’esperienza del genitore.
Il risultato è un vino
simile nel colore al precedente ma con caratteristiche di gran lunga migliori:
superato l’impatto di ridotto, si avvertono note evolutive fini di cuoio miste
a sentori più rudi di aia e sale marino; frutti rossi ben presenti che
riempiono il sorso. Buono l’equilibrio e convincente il lungo finale. Si spera
vi siano altre bottiglie per apprezzarne l’evoluzione crescente.
2002
Ecco ora una bottiglia
figlia di un’annata disastrosa, piovosa un po’ dovunque, che poco di bello ha
da raccontare. Il colore leggermente aranciato fa presagire una fase calante
della qualità e della vita del vino: le note ossidative non danno spazio a
troppe fantasie e la poca espressività al naso conferma quanto detto. Si
difende in bocca, non dimenticando di essere pur sempre un cavallo di razza:
stupisce per pienezza con discreto equilibrio. La sua fase migliore ce la siamo
persa, peccato.
1995
Il freddo e la grande
piovosità portarono la famiglia Valentini a vendemmiare a metà ottobre
arrivando alla piena maturità fenolica degli acini di Montepulciano. Il
perfetto stato sanitario della materia prima lo ritroviamo nel calice,
trasformato per così dire in forza e struttura. La nota dell’enologo riguardo a
questa annata e quella di una fermentazione infinita, senza conclusione, con
inizio di malolattica.
Comunque il vino
risponde al naso con forti note ossidative, mandorla amara e agrumi canditi; qualcuno
nota accenni di crema pasticcera in un fruttato comunque ancora presente.
In bocca certo non
sembra un vino di vent'anni, ma non può stupire per complessità. Chi lo ha
realizzato lo ricorderà sicuramente nel pieno della forma, qualche annetto fa.
1980
La veste aranciata che
non brilla nel calice anticipa senza suspense il quadro olfattivo: ossidazione
importante con leggere note di tappo in una delle bottiglie. Figlio di una
vendemmia tardiva, aveva dimostrato doti di finezza e soprattutto di equilibrio
già nei primi anni di riposo in bottiglia, come ci viene raccontato; troppo
tardi ora per apprezzarle.
1979
Alla fine spunta la
chicca e il fondo colorato di rosa tenue e salmone si tinge di oro brillante:
dal 1979 arriva un Trebbiano d’Abruzzo per concludere in bellezza. E’
l’equivalente di un’affascinante signora che porta splendidamente i suoi anni e
miete consensi oggi come allora: il colore è vivo e rilucente, nessun residuo
nel calice. Al naso un’incredibile freschezza che richiama l’agrume gioca con i
toni delicati di camomilla, mandorla e floreale bianco intenso ed espressivo;
all'assaggio si fa forte il desiderio di averne ancora per una godibilità e una
piacevolezza sorprendenti. Un vino vivo, integro, pieno.
La longevità dei vini
abruzzesi trova stasera l’ennesima conferma di validità, giocando con
l’esemplare meno adatto all'invecchiamento qual è il Cerasuolo.
Classe, unicità e stile
costituiscono il fil rouge che accomuna annate tutte diverse tra loro: a dare
sostegno a ciò arriva la grande bevibiltà di questi prodotti, che mai stancano
abbinati ad un qualsivoglia piatto o più semplicemente ad una poltrona.
I tecnici presenti alla
degustazione sono stati piacevolmente colpiti dal racconto della gestione delle
vigne e dalla maniacale raccolta di dati che da sempre caratterizzano il lavoro
“dell’artigiano”.
Valentini ha
sintetizzato in modo esemplare il suo stile in una forma che va oltre le
semplici tecniche di viticoltura o di vinificazione: la sua ricerca è volta
all'armonia, risultato finale dell’equilibrio tra gli opposti che è fonte di
longevità e stabilità di un organismo. Questo è il meticoloso e poetico lavoro
dell’artigiano.
Nelle ultime note,
Francesco Paolo ribadisce l’importanza del controllo delle anomalie climatiche
e invita i produttori e gli agricoltori a comunicare e monitorare quanto sta
avvenendo.
Invitato poi alla
riflessione da una domanda sul futuro dell’azienda e il prosieguo delle
tradizioni familiari di fronte a suo figlio Gabriele presente
in sala, ribadisce la ferrea decisione di abbandonare qualora le
imprevedibilità climatiche dovessero acuirsi e porge amorevolmente come dono la
piena libertà di scelta all'erede sul continuare o meno a lavorare da artigiano, come il nonno prima e il padre poi.
Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)
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