mercoledì 29 giugno 2016

Cerasuolo Valentini: appunti di longevità

Cerasuolo Valentini: appunti di longevità
17 Marzo 2016

“E’ la seconda volta che faccio una verticale di Cerasuolo e probabilmente anche l’ultima. Non sono molte le bottiglie che conservo e alcune annate sono già finite; non lo ritengo un vino adatto all'invecchiamento”.


Aprendo con queste parole, Francesco Paolo Valentini sembra gelare la platea che, in religioso silenzio, capisce da subito il senso velato che è quello dell’unicità di un evento per forza di cose irripetibile.
“L’artigiano del vino”, come ama definirsi, stasera si metterà a nudo proponendo l’evoluzione temporale del suo prodotto meno conosciuto come se fosse una creatura delicata che merita attenzione, invitandoci a prestare molta attenzione per comprendere le sfumature di questa “archeoenologia”.



Lo fa anche per l’importanza che questa tipologia, per anni bistrattata e sottovalutata, ha per il territorio e per quello che rappresenta per la tradizione abruzzese.
Il vignaiolo più famoso d’Abruzzo ci introduce nel pieno dell’argomento fissando i concetti principali della sua filosofia nell'operare in vigna e poi in cantina, procedendo gradualmente e dando l’impressione che si possa trattare di concetti sì semplici ma rigorosi, imprescindibili gli uni dagli altri. Il suo concetto di Cerasuolo, come d'altronde per altri winemaker abruzzesi, parte dal fatto che la vinificazione con macerazione con le bucce, pur donando struttura e colore al prodotto finale, impoverisce il nostro rosato di quelle fresche note floreali e fruttate; per evitare ciò il lavoro si sposta a monte, in vigna, dove attraverso trattamenti con rame e calce coadiuvati da precisa potatura verde, si mira ad ottenere l’ispessimento della cuticola dell’acino che porterà poi in cantina tutto il suo corredo aromatico e cromatico per la riuscita del prodotto.


La vinificazione avviene da sempre senza l’aggiunta di lieviti selezionati e senza il controllo delle temperature di fermentazione; la maturazione è affidata a grandi botti di quercia dell’ottocento da 35 ettolitri, racchiuse tra le possenti mura dell’antico palazzo di famiglia. Il discorso sulle temperature porta alla mente di Valentini il solo grande nemico di questo stile di lavorazione che negli ultimi anni potrebbe compromettere sempre di più il suo operato: i cambiamenti climatici. Il suo discorso a riguardo si fa molto più ampio dei singoli problemi tecnici, come ad esempio l’arresto di fermentazione, e si apre a ventaglio su toni ambientali: le bizzarrie del meteo, le temperature inconsuete seguite da precipitazioni a volte inconsistenti e a volte di violenza tropicale, fanno perdere un po’ le speranze future per il proseguimento di riti artigianali che fino ad oggi hanno portato alla realizzazione di vini unici, intervenendo in cantina il meno possibile su una materia prima integra e sana.
Proprio la Natura, impietosa in queste ultime vesti, torna stasera protagonista positiva e dispensatrice di consigli nel racconto delle esperienze delle annate degustate, impreziosite dai ricordi e dalle “lezioni” che Francesco Paolo ha ricevuto da chi gli insegnò il mestiere, suo padre Edoardo.

A seguire, saranno pochi i tecnicismi e le frasi ad effetto che talvolta trasportano il nostro comunicare da sommelier, e lasceremo spazio all'analisi delle annate in presenza del protagonista, il Cerasuolo, e del suo artefice.



2014
Partiamo da un’annata che in Italia non sarà ricordata come una delle migliori, piovosa e fredda con il 40% dei vigneti attaccati dalla peronospora. Nonostante ciò, Valentini porta in cantina uve in uno stato sanitario eccellente, avendo atteso fino alla metà di ottobre che la maturità fenolica arrivasse a compimento. Risultato: l’equilibrio.
Il vino si presenta in un rosa salmone tenue e molto limpido; leggera riduzione in apertura che lascia spazio a piccoli frutti rossi e cuoio. L’equilibrio e il lungo finale ne rivelano la classe. Bevibilità e freschezza le doti da vino in evoluzione; evoluzione difficile da poter seguire in quanto non restano già bottiglie disponibili. Peccato davvero.


2011
Le grandinate e il forte caldo nella fase finale contraddistinguono questa annata; la vendemmia a fine settembre conferisce uve spiccatamente acide (pH 2,88). In cantina però entra in gioco “l’equilibrio degli opposti” con l’acidità sorretta e bilanciata da un’importante alcolicità. Il vino è pieno e lungo anche se in evoluzione; il colore leggermente aranciato è accompagnato elegantemente da fine agrumato e note di tostatura: proprio l’autore ci conferma questo sentore e spiega che non è dovuto all'apporto del legno delle botti, bensì alla decomposizione delle pareti cellulari dei lieviti indigeni artefici della fermentazione. Classicamente ritroviamo questo effetto nel sentore di caffè tipico dei rossi di Valentini.


2008
Il 2008 riporta negli annali appuntati in azienda il ricordo di ben otto grandinate e pioggia a volontà con sviluppo di peronospora. Ci fu un risveglio vegetativo molto anticipato ad aprile e l’ondata di freddo successiva portò ad un ingiallimento fogliare.
“Salvando il salvabile”, ci racconta che si optò per una vendemmia precoce al 4 settembre: l’uva era poca per il diradamento forzato dovuto alle grandinate, ma era ben matura.
Se nel manto assomiglia al precedente, al naso svela complessità intrigante: dal sottobosco al pane tostato, dalla buccia di agrumi alle note di cuoio e caffè. Di grande corpo, invita al sorso la sua grande freschezza. Pieno.


2007
I segni del cambiamento climatico potrebbero per Valentini avere questa annata come emblema: niente pioggia con vento caldo di Garbino da Sud-Ovest che portò il termometro sui 46 gradi al 26 di agosto. Il racconto è vivo quando ricorda la paura di perdere le vigne e la pena amorevole che gli impediva di scendere in vigna prima del pomeriggio, evitando così la visione delle foglie sofferenti e accartocciate.
La vendemmia sul Trebbiano iniziò (come mai prima!) il 29 agosto, facendo una cernita manuale delle uve in più passaggi: grappoli tutti a maturazione differente con l’acqua che evaporava letteralmente dalle uve.
Il risultato fu una grande alcolicità (15,52%) in assenza di maturità fenolica. Ma la grande lezione per Francesco Paolo venne dalla natura stessa: la pianta, per sopravvivere, aveva ripreso, richiamato a sé l’acqua dagli acini, “uccidendo la propria prole”, come descrive egli stesso. La natura aveva provveduto a sé stessa trovando la soluzione in un letargo anticipato di oltre un mese e mezzo.
Questo vino è incredibilmente equilibrato: le leggere note ossidative si mescolano alla perfezione con marmellata di arancia e toni agrumati, fini quanto quelli avvertiti nei calici precedenti; un gran vino da bere ora che è al suo picco.


2006
Ecco l’unico esempio con vinificazione con aggiunta di torchiato: si gioca sul colore, più intenso, e su un’attesa robustezza. Visto che questa esperienza esula dall'idea di Cerasuolo di Valentini, non è stata più riproposta.
L’annata ricorda la recente 2015, senza sbalzi termici; un brivido però nel ricordare la vigna salvata dalla grandine da una folata di vento.
Nel calice c’è potenza ma manca la complessità: non si va oltre il tostato e la frutta candita. L’equilibrio va sicuramente lodato ma risulta un po’ rude e non di corpo adeguato. Non da conservare a lungo.


2005
Anche in un’annata non di particolare rilievo come questa, il Cerasuolo di Valentini stupisce per la buona dote di equilibrio che dona piacevolezza al palato, nonostante il forte impatto del contenuto alcolico. Dal colore salmone, si apre su fresco agrumato di confetture di limoni, pane tostato e cuoio. Il corpo non è incredibile ma denota giovinezza e possibile evoluzione nei prossimi anni.


2003
Il forte caldo e la siccità di quell'estate hanno messo a dura prova le piante sulle colline di Loreto Aprutino, facendo arrivare sui grappoli delle uve definite “cotte” da Francesco Paolo, con bucce fragili piene di piccole spaccature, esponendo così il prodotto all'attacco dei microrganismi.
Torna alla mente del produttore un’altra grande lezione del padre legata al 2003: anticipare la vendemmia e decidere di raccogliere, quando l’attesa di miglioramento della maturazione può risultare tanto vana quanto pericolosa. Aveva avuto ancora ragione l’esperienza del genitore.
Il risultato è un vino simile nel colore al precedente ma con caratteristiche di gran lunga migliori: superato l’impatto di ridotto, si avvertono note evolutive fini di cuoio miste a sentori più rudi di aia e sale marino; frutti rossi ben presenti che riempiono il sorso. Buono l’equilibrio e convincente il lungo finale. Si spera vi siano altre bottiglie per apprezzarne l’evoluzione crescente.


2002
Ecco ora una bottiglia figlia di un’annata disastrosa, piovosa un po’ dovunque, che poco di bello ha da raccontare. Il colore leggermente aranciato fa presagire una fase calante della qualità e della vita del vino: le note ossidative non danno spazio a troppe fantasie e la poca espressività al naso conferma quanto detto. Si difende in bocca, non dimenticando di essere pur sempre un cavallo di razza: stupisce per pienezza con discreto equilibrio. La sua fase migliore ce la siamo persa, peccato.


1995
Il freddo e la grande piovosità portarono la famiglia Valentini a vendemmiare a metà ottobre arrivando alla piena maturità fenolica degli acini di Montepulciano. Il perfetto stato sanitario della materia prima lo ritroviamo nel calice, trasformato per così dire in forza e struttura. La nota dell’enologo riguardo a questa annata e quella di una fermentazione infinita, senza conclusione, con inizio di malolattica.
Comunque il vino risponde al naso con forti note ossidative, mandorla amara e agrumi canditi; qualcuno nota accenni di crema pasticcera in un fruttato comunque ancora presente.
In bocca certo non sembra un vino di vent'anni, ma non può stupire per complessità. Chi lo ha realizzato lo ricorderà sicuramente nel pieno della forma, qualche annetto fa.


1980
La veste aranciata che non brilla nel calice anticipa senza suspense il quadro olfattivo: ossidazione importante con leggere note di tappo in una delle bottiglie. Figlio di una vendemmia tardiva, aveva dimostrato doti di finezza e soprattutto di equilibrio già nei primi anni di riposo in bottiglia, come ci viene raccontato; troppo tardi ora per apprezzarle.



1979
Alla fine spunta la chicca e il fondo colorato di rosa tenue e salmone si tinge di oro brillante: dal 1979 arriva un Trebbiano d’Abruzzo per concludere in bellezza. E’ l’equivalente di un’affascinante signora che porta splendidamente i suoi anni e miete consensi oggi come allora: il colore è vivo e rilucente, nessun residuo nel calice. Al naso un’incredibile freschezza che richiama l’agrume gioca con i toni delicati di camomilla, mandorla e floreale bianco intenso ed espressivo; all'assaggio si fa forte il desiderio di averne ancora per una godibilità e una piacevolezza sorprendenti. Un vino vivo, integro, pieno.


La longevità dei vini abruzzesi trova stasera l’ennesima conferma di validità, giocando con l’esemplare meno adatto all'invecchiamento qual è il Cerasuolo.
Classe, unicità e stile costituiscono il fil rouge che accomuna annate tutte diverse tra loro: a dare sostegno a ciò arriva la grande bevibiltà di questi prodotti, che mai stancano abbinati ad un qualsivoglia piatto o più semplicemente ad una poltrona.
I tecnici presenti alla degustazione sono stati piacevolmente colpiti dal racconto della gestione delle vigne e dalla maniacale raccolta di dati che da sempre caratterizzano il lavoro “dell’artigiano”.
Valentini ha sintetizzato in modo esemplare il suo stile in una forma che va oltre le semplici tecniche di viticoltura o di vinificazione: la sua ricerca è volta all'armonia, risultato finale dell’equilibrio tra gli opposti che è fonte di longevità e stabilità di un organismo. Questo è il meticoloso e poetico lavoro dell’artigiano.

Nelle ultime note, Francesco Paolo ribadisce l’importanza del controllo delle anomalie climatiche e invita i produttori e gli agricoltori a comunicare e monitorare quanto sta avvenendo.

Invitato poi alla riflessione da una domanda sul futuro dell’azienda e il prosieguo delle tradizioni familiari di fronte a suo figlio Gabriele presente in sala, ribadisce la ferrea decisione di abbandonare qualora le imprevedibilità climatiche dovessero acuirsi e porge amorevolmente come dono la piena libertà di scelta all'erede sul continuare o meno a lavorare da artigiano,  come il nonno prima e il padre poi.


Pierluigi Aielli
(Addetto Stampa CdG)

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